i miei racconti

di Franca Caluzzi

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Come al solito suo nipote gli aveva chiesto “Nonno, mi racconti una storia?”. Solo che questa volta sua figlia aveva aggiunto “vera”. Era per questa parola che stava rimestando nei ricordi, per fare un po’ di ordine.
Si era subito accorto che dal pozzo dove erano stipati qualcuno veniva a galla più nitido degli altri. Rivedeva perfino la stringa sfilacciata dello scarpone del tedesco.
Si era anche sorpreso che quei ricordi che stavano a galla fossero tutti, o quasi, raggruppati in un anno e mezzo della sua vita, dall’autunno del ’43 alla primavera del ’45. Aveva poi concluso che era stato la paura a farli così precisi.

 


I ricordi in cima al pozzo

La pipì nel collo

     In quell'autunno del '43 Remo era riuscito a tornare al suo paese, la moglie e il figlio c'erano già da un pezzo, ma era un paese popolato solo di donne e bambini perché gli uomini erano tutti alla macchia. Era giusto alla macchia quando aveva visto la stringa sfilacciata del tedesco. Poteva essere la primavera del '44, perché gli alberi avevano le foglie. Il rastrellamento aveva colto tutti di sorpresa. Remo si era guardato intorno e aveva cercato da nascondersi. Il nocciolo ha le foglie rotonde e morbide, fitte fino a terra quando non è ancora tanto cresciuto. Si era tuffato nel nocciolo e da lì vedeva i tedeschi avanzare, disposti a ventaglio e coi fucili spianati.
     Rannicchiato e tenendo il respiro aveva visto un tedesco staccarsi dagli altri e venire dritto verso di lui. Si era piantato davanti al cespuglio col fucile imbracciato, la stringa sfilacciata dello scarpone a un palmo degli occhi. Aveva pregato che non si rompesse, se il tedesco si fosse chinato se lo sarebbe trovato con la faccia davanti.
     Non si era chinato, gli aveva fatto la pipì nel collo. Gli era entrata dritta nella camicia e gli colava lungo la schiena. Un fruscio di stoffa. Un fruscio di passi. Le foglie del nocciolo l'avevano salvato.

La cassapanca

     Maria era incinta e già si vedeva, doveva essere come minimo di cinque mesi. La bambina sarebbe nata a dicembre, dunque poteva essere agosto o settembre del '44. Remo era sceso dai monti per prendere un po' di provviste e per rivederla. Il suo Giulio, che tra un po' avrebbe avuto sette anni, stava giocando in cucina e Maria gli preparava il pane e il formaggio da portare alla macchia.  Aveva sentito urlare in tedesco mentre faceva il nodo al tovagliolo. La camionetta era arrivata sulla piazza dove poi hanno costruito la fontana, dieci metri dalla cucina. Si era nascosto nella cassapanca e Maria si era seduta sul coperchio e spingeva. Ma non c'era stato verso di farlo entrare per intero.
     La cucina aveva una finestrella chiusa dalle sbarre e la camera, al piano di sopra, ne aveva un'altra che guardava dove c'erano i tedeschi. Dalle finestre non si poteva. Era scappato dalla porta. Si era acquattato ai piedi del muro dove finisce il paese, un muro alto due metri e sotto i campi di erba medica che scendevano al fiume. Un attimo dopo aveva visto spuntare dal muro un fucile e un elmetto e si era ritrovato a passare davanti a casa col fucile puntato alla schiena.
     Maria sembrava impazzita. Piangeva da far sospettare i tedeschi. Giulio si era attaccato ai pantaloni e gli stringeva le gambe. Il tedesco urlava "dokumente" e col fucile puntato alla schiena lo spingeva verso la piazzetta dove c'era il camion con gli altri. E lui, voltandosi appena, "Maria, il libretto della mutua, è nel comò!". Il suo documento di identità. E poi c'erano stati gli spari, mentre Maria cercava il libretto. Venivano da sopra il paese. I tedeschi si erano guardati. L'ufficiale aveva dato l'ordine di ritirarsi. Quello che gli teneva il fucile puntato alla schiena l'aveva abbassato e aveva mormorato: "va, contento almeno tu". Un attimo dopo erano saliti sul camion e ci avevano fatto salire anche la sua bicicletta, se ne erano andati con la sua bicicletta. Poteva ringraziare il Signore se lui era rimasto per terra.

Il contrordine

     Le cime erano avvolte dalla nebbia e il cielo prometteva altra neve mentre in montagna, al comando partigiano della val d'Asta, un prigioniero inglese doveva essere fucilato l'indomani alle otto: pareva si trattasse di una spia dei tedeschi. Si era scoperto invece che non era una spia, c'era un colonnello pronto a testimoniare, erano sullo stesso aeroplano quando si erano lanciati col paracadute. A Remo avevano detto di accompagnare il colonnello inglese per portare il contrordine in tempo e salvare quell'uomo.
     Era già pomeriggio quando Remo e il colonnello inglese si erano incamminati in silenzio. Avevano pestato neve fin da subito, si era fatto scuro e nella tormenta Remo si era perso. Il sentiero per salire chissà dov'era, si sentiva solo il rumore del torrente gonfio d'acqua e chissà se era il braccio di fiume che portava al mulino oppure quell'altro. Tanto valeva provare a seguire l'acqua, aveva pensato. Scivolavano sulle pietre coperte di neve, al buio. Quando aveva visto il lume del mulino Remo ormai non ci sperava più. Aveva chiamato, bussato, gridato: "mia moglie è la Maria di Calizzo, la conoscete". "E Cecco e Bruno che sono di Calizzo e vengono nel vostro mulino li conoscete anche loro". Il mugnaio, che prima non voleva aprire, li aveva fatti entrare.
     Quando all'alba si erano rimessi in marcia il cielo pareva sereno e la neve era tanta che il mulino era quasi sepolto. Salivano sul ripido e Remo era davanti a fare il passo. Ogni tanto guardava l'ora, non ce l'avrebbero mai fatta ad arrivare per tempo. "Tanta fatica per niente, l'hanno già fucilato" aveva pensato. L'inglese, disperato, doveva aver pensato la stessa cosa e aveva tirato fuori la pistola per puntarsela alla tempia. Remo se n'era accorto e gli si era buttato addosso bloccandogli il braccio, gli aveva spinto il polso sotto la neve e lo teneva stretto. Erano rotolati insieme. L'inglese piangeva. Erano sfiniti e andavano avanti lo stesso, la neve alta fino alla cinta. Il sole, beffardo, li guardava da un cielo azzurro e pulito.
     A mezzogiorno erano arrivati al comando e avevano trovato il prigioniero ancora vivo. Si erano guardati increduli. Remo aveva ringraziato il comandante che con quel tempo da lupi gli aveva dato tempo di trovare la strada e aveva rimandato l'esecuzione. Poi si era voltato a guardare il suo inglese, il colonnello che voleva spararsi, e aveva visto che piangeva di nuovo. Questa volta un pianto di gioia. Anche senza conoscere una parola di inglese era da ieri che si intendevano. Qualcosa di buono infine in quella maledetta guerra! aveva pensato.

Aveva tre storie da raccontare adesso, tre storie per il suo nipotino. Bastavano. Avrebbe cominciato con quella della pipì nel collo.
Si sarebbe meravigliato il suo nipotino, avrebbe spalancato gli occhi per lo stupore e il divertimento, avrebbe esclamato "Ma nonno!". Magari gli avrebbe anche chiesto "Come si chiamava quel tedesco?"
Già, come si chiamava? Franz?