i miei racconti

di Franca Caluzzi

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Le Alpi Apuane sono famose per il marmo e siccome sono vicine anche qui il ghiaccio è diventato di marmo.

 

Il canale di ghiaccio

24 febbraio 2000

      Ridiamo e scherziamo mentre corriamo in auto verso il passo del Cerreto perché non sappiamo quello che ci aspetta. Ridiamo e scherziamo e nel bar di Aulla ci gustiamo il caffè macchiato che è quasi un cappuccino, tanto buono che se ne parla anche a Genova, al raduno di corso Europa dove ci siamo ritrovati in sei per salire sulla Nuda dalla Val d'Inferno. "Ci fermiamo in piazza, fanno un caffè speciale". E qui, mentre lo sorseggio pensando che hanno proprio ragione, si comincia a parlare di corda. " Voi ce l'avete ?" " Noi no" " Io ne ho due, vi do la mia" " Preferisco andare su libero" taglia corto il nostro compagno di viaggio che giudica esagerate le apprensioni in merito. La Nuda è la Nuda, anche se è alta quasi 2000 metri. Siamo sull'Appennino, non sulle Alpi. Il tarlo non mi rode ancora, il giudizio di Elio è rassicurante e inappellabile, anche se fatto a tavolino.
     Quando iniziamo il sentiero che parte sopra al passo del Cerreto arrivano altri segnali. "Mettiamo i ramponi, è ghiaccio". Li indosso serena, in piena letizia. Sono vecchi ramponi nati nel 1966 nelle Fonderie Grivel di Aosta, con le punte arrotondate dall'uso e che ho fatto allungare dal fabbro per adattarli ai nuovi scarponi. Le cinghie sono di cuoio bianco stagionato dagli anni e macerato dalla neve e un giorno o l'altro salteranno come le corde di una chitarra. L'idea però neppure mi sfiora.
     Solo quando mi ritrovo al rifugio e vedo il canale che solca la parete, "eccolo, saliamo di lì", qualche dubbio mi viene. E' ripido, caspita se è ripido. E da qui lo vedo appiattito, figuriamoci dall'alto. La neve è marmo, marmo di Carrara, visto che le Apuane non sono tanto distanti. Neve così non ne avevo mai vista, per scalfirla devo scalciare con i ramponi e allora scricchiola e appena si graffia. Il fatto è che un inverno così asciutto non si era visto da un pezzo e la poca neve, sciolta dal sole di giorno e indurita dal gelo la notte, è diventata più dura del mio pavimento. Se fossimo soli direi a mio marito "torniamo indietro", ma siccome non lo siamo non dico niente e mi lascio docilmente legare da Elio. Non era lui che voleva andare su libero?
     Ha fretta: "andiamo di conserva", il che vuol dire che ci muoviamo tutti e tre contemporaneamente, senza fare sicurezza. Se uno di noi dovesse cadere, Dio ce ne scampi, cadremmo in tre. Ogni passo è un calcio con le punte davanti per farle entrare uno-due centimetri e un colpo col braccio perché la piccozza faccia altrettanto.

La Nuda 24 febbraio 2000, foto di Elio

     Ogni tanto Elio guarda giù e chiede "tutto bene?". "Sì" risponde mio marito e non lo capisco visto che a volte s'impaurisce per la nebbia. Del ghiaccio no, del ghiaccio non ha paura. "Sì" rispondo anche io mentre per l'aumentata pendenza sono costretta a piantare la piccozza per la becca manovrandola come dovessi spaccare la legna. Butto il braccio all'indietro e con tutta la forza che ho la lancio davanti a me, sopra la testa, dove la vedo entrare di un solo dente. I piedi attaccati alla parete come zampe di ragno, il corpo in fuori, potrei guardare benissimo tra le gambe e vedere giù, più in basso, l'altra cordata, un po' più lenta, e ancora più giù il rifugio e le rocce. Non guardo, potrei bloccarmi qui, paralizzata dal panico.
     Solo per un attimo osservo i ramponi e scaccio l'idea che possano sganciarsi. D'altra parte i miei scarponi flessibili sembrano fatti apposta per farli saltare e se succedesse il rampone volerebbe giù, oppure penzolerebbe ormai inutile dalla caviglia mentre cercherei disperatamente di rimanere appesa alla piccozza sperando che mio marito sopra ed Elio ancora più su riuscissero in qualche modo a fare sicurezza. No, meglio non pensarci.
     Come mai una volta non avevo paura dei canalini? Ora sì, provo orrore e fascino insieme. Lo stesso canale era sicuro ieri e mi fa paura oggi, è la qualità della neve a fare la differenza. E una pendenza appena diversa tra due canali paralleli può farmi sembrare l'uno impossibile e l'altro sicuro, addirittura sciabile. Questo canale, in questo momento, con questa neve che non è neve ma marmo, a me sembra impossibile. Comunque vado avanti, non posso fare altro.
     Sono quasi in cima e il muro davanti ai miei occhi sembra assolutamente verticale, anche se so che non è vero. Elio grida che è arrivato, che adesso pianta la piccozza, così siamo sicuri. "Come va lì sotto? Bene?" Bene, ma devo riprendere fiato. Gianni sta per sbucare, ecco, è sul piano anche lui, ormai nella luce. Io non devo cadere, anche se adesso la corda gira intorno alla piccozza. Le caviglie mi fanno male, così torte, e i muscoli delle braccia anche. Il sole mi sfiora i capelli ma sono ancora tutta all'ombra. Uno sforzo ancora e ci sono.
     Il sole della cima mi abbaglia e scioglie poco a poco la paura raggrumata nel petto. Così c'è posto per la gioia che piano piano arriva e cresce e diventa meraviglia per tutto questo cristallo stupendo e incredibile. Negli occhi di mio marito leggo la stessa felicità. E' fatta! Adesso che Elio ha piantato col martello, come un chiodo nel muro, anche la mia piccozza e l'ha legata alla sua con una lunga corda che lancia giù verso l'ombra del canale per dare aiuto all'altra cordata, posso finalmente trovare il coraggio di guardare e di vedere lo scivolo ghiacciato che precipita verso il fondo disseminato di rocce.
     Tra poco ci stringeremo la mano tutti insieme, quassù. E ci porteremo la gioia nel cuore mentre continueremo a calpestare questa neve che è ghiaccio, però illuminata dal sole.