i miei racconti

di Franca Caluzzi

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Nei nostri paesi al tempo della guerra non esisteva ancora l’elettricità. Grazie all’ingegno di mio papà uno di questi ha avuto il privilegio di averla prima degli altri.

 

La luce

     Era precipitato un aereo, ogni tanto capita in guerra. Sul prato erano rimasti i paracadute, afflosciati come la biancheria delle signore quando si spogliano per andare a letto. Di una seta bellissima, tanto morbida che a toccarla è come se ti facesse una carezza e robusta che anche a tirarla non si strappa. Le donne correvano a prendere quella stoffa per farne delle camicie ai loro uomini e correvano tornando a casa per paura di non riuscire a mettere in salvo quel ben di Dio che tenevano stretto tra le braccia. Maria ci avrebbe cucito le camicie per il suo Remo che ne aveva bisogno perché le sue vecchie, di cotonaccio spesso, aveva dovuto disfarle per farne dei pannolini per il bambino che stava per nascere.
     Suo marito invece si era avvicinato all'aereo, un'ala qua e l'altra là e la fusoliera spezzata nel centro. Dei piloti nessuna traccia, si erano liberati dei paracadute ed erano scappati a cercare rifugio tra i partigiani. Due, due piloti inglesi. Dalla carcassa aveva tirato fuori tante cose e tra le altre una dinamo, una bella dinamo intatta che poteva venirgli bene più avanti.
     Il petrolio era diventato introvabile e il poco che era rimasto veniva centellinato per accendere il lume all'ora di cena che per i contadini è quando cala il buio, più tardi l'estate e molto prima l'inverno. Poi il lume veniva spento per poterlo riaccendere l'indomani. A Febbio e in tutti i paesi intorno era così, la luce elettrica non era ancora arrivata. Remo, che era di una borgata un po' più a valle, aveva sentito i lamenti "nemmeno tenere acceso il lume si può". Erano lamenti che andavano ad aggiungersi a tutti quegli altri dovuti alle privazioni che la guerra aveva portato. Ed erano ancora fortunati perché qualche vacca l'avevano e anche un po' di frumento e di granturco, quello che si può ricavare da quella poca terra tra i monti. A sentir parlare dei lumi gli era venuta in mente la dinamo, avrebbe potuto farla funzionare con l'acqua del fiume e dare corrente al paese. A Febbio passa un torrente, un bel torrente impetuoso che più in basso, dove c'è la casa di Remo, si chiama Secchiello e va a finire nel Secchia. Non si asciuga neppure l'estate e l'acqua avrebbe fatto girare la ruota, non fa forse girare la ruota del mulino? Avrebbe picchiato sulle pale, le pale avrebbero fatto ruotare l'asse della dinamo e la dinamo avrebbe fatto elettricità.
    Lì per lì, quando l'aveva proposto, non l'avevano preso sul serio. Ma poi l'avevano mandato a chiamare: "dite che si può?". Remo era andato a guardare il torrente, avanti e indietro più volte per cercare il posto adatto che doveva essere vicino al paese per non sprecare filo e corrente, l'acqua venire giù a cascata e le sponde non tanto distanti per poter fissare l'asse della ruota. "La mettiamo qui" s'era voltato verso quelli che non sapendo cosa dire l'avevano seguito in silenzio "la ruota la mettiamo qui e voi mi aiutate. Per quella non ci sono problemi e la dinamo ce l'ho. Il limitatore che sennò quando è in piena le lampadine saltano lo rimedio usato. Mi manca il filo, dobbiamo fare il conto di quanto ce ne vuole. Se non trovo il rame ci metteremo l'alluminio, l'alluminio basta cercarlo".
     Il rame non l'aveva trovato perché era diventato più prezioso dell'oro e anche per l'alluminio aveva dovuto faticare. Se l'era fatto portare con un carro, dei rotoli grandi che prendevano tutto il carro. Non è che l'alluminio sia adatto a trasportar la corrente, non è buon conduttore, ma aveva dovuto accontentarsi. La corrente poi sarebbe stata più tanta o più poca a seconda dell'acqua e calcoli era inutile farne che tanto non era capace. Con la terza elementare e il suo mestiere, faceva l'idraulico, valeva solo saper usare le mani e in questo se l'era sempre cavata. Avrebbe fatto la prova attaccando un bel grappolo di lampadine ad un albero, le avrebbe fatte accendere e si sarebbe poi regolato.
     Il giorno della prova c'era tutto il paese a guardare, uomini donne bambini e anche i vecchi che faticavano a camminare. Remo aspettava il buio per accendere le lampadine, appese all'albero davanti alla Chiesa che pareva Natale tanto era addobbato, e la gente seduta a terra sulla piazza lo guardava come se si aspettasse l'arrivo dei cavalieri in costume che cantano il Maggio fra il rumor di ferraglia delle spade e degli scudi. Quando aveva collegato i fili e l'albero s'era acceso, una luce tanto forte che non sarebbero bastati mille lumi, avevano aperto la bocca per lo stupore ed erano rimasti così a guardar lo spettacolo. Un vecchio, tra quella gente, si era inginocchiato e si era messo a piangere. Pregava convinto di un miracolo. Il fatto è che non aveva mai visto altra luce che quella dei lumi a petrolio e delle candele, oltre a quella del sole, e non aveva mai lasciato il suo paese neppure per fare il soldato.
     Gli uomini di Febbio avevano tagliato gli alberi per farne dei pali e sui pali Remo aveva fissato il cavo di alluminio insieme agli isolanti di ceramica bianca. Lo aveva portato casa per casa, anche quelle lontane che dietro c'è il bosco, e in ognuna avevano sistemato una lampadina, una lampadina per casa da poter accendere quando veniva il buio senza il pensiero di spegnerla appena finito di mangiare. Le donne di Febbio avevano così il privilegio di poter filare anche la sera e con quel filo appena torto ci facevano certe maglie così ruvide che quando le mettevano ai bambini dopo che li avevano lavati nelle tinozze dovevano prima scaldarle sulla stufa per farle sembrare più morbide. Per questo erano invidiate dalle altre donne che avrebbero voluto la luce anche loro. Dappertutto dove c'è un torrente vicino mandavano a chiamare Remo e gli chiedevano: "dite che si può?"

Quell'impianto e quella rete elettrica sono durati parecchi anni prima che arrivassero da Reggio a mettere pali nuovi e a stendere dei bei fili di rame che partivano da una centrale lontana. Ancora oggi sul torrente sono rimasti i resti della ruota a provare la storia. Lampadine, dopo, ce ne sarebbero state due e anche tre per casa ma allora si erano accontentati di una e di quella luce, che ondeggiava come quella dei lumi perché un po' era forte e l'attimo dopo più debole, non avrebbero saputo farne a meno. Perfino il vecchio che aveva pianto per il miracolo s'era abituato e stendeva il tabacco sulla carta e poi la leccava per chiudere la sigaretta al chiaro della lampadina.