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Foto Beigua e Sentiero Archeologico 31 ottobre 2016
Gianni, Franca
Un po’ (tanto) per la salute che non mi permette di cimentarmi negli itinerari lunghi e anche faticosi che mi hanno accompagnato nel corso di tanti anni, un po’ perchè da quando sono diventata nonna non desidero altro che stare vicino al mio nipotino, succede che negli ultimi tempi il mio terreno di gioco si è limitato a quello del Parco del Beigua. Non che mi dispiaccia, perché il massiccio del Beigua offre panorami eccezionali e una varietà di ambienti che negli ultimi anni sono stati valorizzati e hanno meritato al parco il titolo di Geopark che lo pone tra i parchi più importanti del mondo. Ma la cosa non mi permette più di raccontare le cose nuove alle quali mi ero abituata. Mi accorgo di aver parlato in prima persona ma avrei potuto usare il “noi” perchè Gianni e io siamo sempre andati per monti insieme. Come oggi, una bella giornata mite e soleggiata che immaginavo non mi avrebbe regalato nulla da raccontare; né di far vedere, non avendo neppure la macchina fotografica ma solo il telefonino. Qualcosa da raccontare invece ce l’ho visto che alla fine abbiamo fatto un sentiero che… Ma andiamo con ordine. Lasciamo la macchina subito dopo la torbiera del Laione là dove inizia il sentiero della croce gialla, e ci aspetta una sorpresa. A terra c’è un foglio piegato e ripiegato per poter essere messo in tasca, gualcito, che ha un’aria familiare. Lo prendo, lo apro: da un lato c’è stampata la cartina con l’itinerario Piampaludo (Lajone)-Monte Rama, fatta da Stefano e pubblicata sul sito, dall’altra gli itinerari del Beigua. Qualcuno che trova utile il nostro sito e ha pensato di servirsene c’è… Raccolgo il foglio per ricordo e proseguo sulla strada Piampaludo-Pratorotondo per nemmeno mezzo chilometro, poi svolto a destra sul Sentiero Natura (tre pallini gialli

Un po’ (tanto) per la salute che non mi permette di cimentarmi negli itinerari lunghi e anche faticosi che mi hanno accompagnato nel corso di tanti anni, un po’ perchè da quando sono diventata nonna non desidero altro che stare vicino al mio nipotino, succede che negli ultimi tempi il mio terreno di gioco si è limitato a quello del Parco del Beigua. Non che mi dispiaccia, perché il massiccio del Beigua offre panorami eccezionali e una varietà di ambienti che negli ultimi anni sono stati valorizzati e hanno meritato al parco il titolo di Geopark che lo pone tra i parchi più importanti del mondo. Ma la cosa non mi permette più di raccontare le cose nuove alle quali mi ero abituata. Mi accorgo di aver parlato in prima persona ma avrei potuto usare il “noi” perchè Gianni e io siamo sempre andati per monti insieme. Come oggi, una bella giornata mite e soleggiata che immaginavo non mi avrebbe regalato nulla da raccontare; né di far vedere, non avendo neppure la macchina fotografica  ma solo il telefonino. Qualcosa da raccontare invece ce l’ho visto che alla fine abbiamo fatto un sentiero che… Ma andiamo con ordine. Lasciamo la macchina subito dopo la torbiera del Laione là dove inizia il sentiero della croce gialla, e ci aspetta una sorpresa. A terra c’è un foglio piegato e ripiegato per poter essere messo in tasca, gualcito, che ha un’aria familiare. Lo prendo, lo apro: da un lato c’è stampata la cartina con l’itinerario Piampaludo (Lajone)-Monte Rama, fatta da Stefano e pubblicata sul sito, dall’altra gli itinerari del Beigua. Qualcuno che trova utile il nostro sito e ha pensato di servirsene c’è… Raccolgo il foglio per ricordo e proseguo sulla strada Piampaludo-Pratorotondo per nemmeno mezzo chilometro, poi svolto a destra sul Sentiero Natura (tre pallini gialli)

Questo sentiero, comodo, ampio, suggestivo in questo scorcio di autunno per il grande e soffice tappeto di foglie rosse cadute dagli alberi ormai spogli, ha il solo difetto di essere troppo breve. Incontra la casa di Cian del Ni col suo faggio maestoso, poi il vecchio sentiero che sempre facevamo per salire al Beigua quando Stefano era bambino e che d’inverno diventava una pista per il suo piccolo bob in plastica rossa, svolta a sinistra e … incrocia la strada asfaltata Pratorotondo-Beigua. Tre quarti d’ora andando come lumache. Chissà se quel vecchio sentiero, che invece di svoltare a sinistra sale dritto, esiste ancora? O se non esiste più, visto che già allora in alto si perdeva. Il navigatore mi dice di sì e se qualcuno si è preso la briga di mapparlo vuol dire che … La risposta ce l’ho più in alto quando, dopo aver percorso un breve tratto di Alta Via, lungo la strada asfaltata incontriamo un furgone con il rimorchio carico di biciclette e un nutrito gruppo di ciclisti che inforcano velocemente le due ruote e scendono là dove sbucava il “nostro” sentiero. A mapparlo sarà stato uno di loro, non per niente le Openmtbmap si chiamano così perché sono nate per iniziativa dei bikers. Quelli che incontriamo oggi usano il furgone un po’ come gli sciatori usano le seggiovie e si cimentano in discese tecniche su sentieri curati da loro

Questo sentiero, comodo, ampio, suggestivo in questo scorcio di autunno per il grande e soffice tappeto di foglie rosse cadute dagli alberi ormai spogli, ha il solo difetto di essere troppo breve. Incontra la casa di Cian del Ni col suo faggio maestoso, poi il vecchio sentiero che sempre facevamo per salire al Beigua quando Stefano era bambino e che d’inverno diventava una pista per il suo piccolo bob in plastica rossa, svolta a sinistra e … incrocia la strada asfaltata Pratorotondo-Beigua. Tre quarti d’ora andando come lumache. Chissà se quel vecchio sentiero, che invece di svoltare a sinistra sale dritto, esiste ancora? O se non esiste più, visto che già allora in alto si perdeva. Il navigatore mi dice di sì e se qualcuno si è preso la briga di mapparlo vuol dire che … La risposta ce l’ho più in alto quando, dopo aver percorso un breve tratto di Alta Via, lungo la strada asfaltata incontriamo un furgone con il rimorchio carico di biciclette e un nutrito gruppo di ciclisti che inforcano velocemente le due ruote e scendono là dove sbucava il “nostro” sentiero. A mapparlo sarà stato uno di loro, non per niente le Openmtbmap si chiamano così perché sono nate per iniziativa dei bikers. Quelli che incontriamo oggi usano il furgone un po’ come gli sciatori usano le seggiovie e si cimentano in discese tecniche su sentieri curati da loro

Eccoci al Beigua: le antenne, la chiesetta ci sono tanto familiari che potremmo andarci ad occhi chiusi. E ora? E’ ancora presto. Dobbiamo inventarci come allungare il percorso. Andiamo a Pratorotondo, seguiamo l’Alta Via fino a Pian Ferretto, svoltiamo a sinistra e seguiamo la croce gialla (Piampaludo-Monte Rama) per tornarcene alla macchina? Forse è stato il foglietto che abbiamo trovato questa mattina a suggerire questa variante a Gianni
Eccoci al Beigua: le antenne, la chiesetta ci sono tanto familiari che potremmo andarci ad occhi chiusi. E ora? E’ ancora presto. Dobbiamo inventarci come allungare il percorso. Andiamo a Pratorotondo, seguiamo l’Alta Via fino a Pian Ferretto, svoltiamo a sinistra e seguiamo la croce gialla (Piampaludo-Monte Rama) per tornarcene alla macchina? Forse è stato il foglietto che abbiamo trovato questa mattina a suggerire questa variante a Gianni
Scendiamo lungo la strada e ci fermiamo a mangiare qualcosa all’area picnic di Pratorotondo ...
Scendiamo lungo la strada e ci fermiamo a mangiare qualcosa all’area picnic di Pratorotondo ...
... prima di proseguire sull’Alta Via in direzione levante. Questo tratto nelle giornate limpide regala un panorama eccezionale ed è molto frequentato. Peccato che la visibilità sia oggi meno che mediocre
... prima di proseguire sull’Alta Via in direzione levante. Questo tratto nelle giornate limpide regala un panorama eccezionale ed è molto frequentato. Peccato che la visibilità sia oggi meno che mediocre
Pian Ferretto, Prati Ferretto o Pian Fretto come recitano le vecchie carte: è una vasta distesa prativa interrotta da un grande “fiume di pietre”. Zona di pascolo per le mucche di nostra conoscenza, di razza piemontese, chiare come i sassi che costellano la prateria, magra per l’esposizione alle intemperie e con una vista spettacolare sul mare che non so quanto le mucche siano in grado di apprezzare. Svoltiamo a sinistra, dicevo, e attraversiamo la prateria lungo il sentiero della croce gialla che troviamo oggi, per la prima volta, con l’erba tagliata. Merito del Parco. Quando si infila nel bosco però, almeno fino a quando incontra i tre pallini gialli del Sentiero Natura che ci riporterà alla macchina, attraversa una zona che risente del disboscamento selvaggio di qualche anno fa. Fangose piste forestali che intersecano il sentiero ad ogni passo e soprattutto rami e detriti disseminati ovunque. Distrattamente seguiamo una di queste piste e anche se ci accorgiamo presto dell’errore lasciamo perdere e raggiungiamo la strada poco più in alto per proseguire sull’asfalto. Così almeno pensiamo, ma cambiamo idea quando incontriamo il cartello del Sentiero Archelogico che dà il nome a un tratto del Sentiero Natura dei tre pallini gialli. Non l’abbiamo mai percorso, è breve, è ancora presto, si può fare. Pazienza se scendiamo di nuovo per ritornare ai tre pallini e disegniamo sul tracciato gps uno stupido giro dell’oca

Pian Ferretto, Prati Ferretto o Pian Fretto come recitano le vecchie carte: è una vasta distesa prativa interrotta da un grande “fiume di pietre”. Zona di pascolo per le mucche di nostra conoscenza, di razza piemontese, chiare come i sassi che costellano la prateria, magra per l’esposizione alle intemperie e con una vista spettacolare sul mare che non so quanto le mucche siano in grado di apprezzare. Svoltiamo a sinistra, dicevo, e attraversiamo la prateria lungo il sentiero della croce gialla che troviamo oggi, per la prima volta, con l’erba tagliata. Merito del Parco. Quando si infila nel bosco però, almeno fino a quando incontra i tre pallini gialli del Sentiero Natura che ci riporterà alla macchina, attraversa una zona che risente del disboscamento selvaggio di qualche anno fa. Fangose piste forestali che intersecano il sentiero ad ogni passo e soprattutto rami e detriti disseminati ovunque. Distrattamente seguiamo una di queste piste e anche se ci accorgiamo presto dell’errore lasciamo perdere e raggiungiamo la strada poco più in alto per proseguire sull’asfalto. Così almeno pensiamo, ma cambiamo idea quando incontriamo il cartello del Sentiero Archelogico che dà il nome a un tratto del Sentiero Natura dei tre pallini gialli. Non l’abbiamo mai percorso, è breve, è ancora presto, si può fare. Pazienza se scendiamo di nuovo per ritornare ai tre pallini e disegniamo sul tracciato gps uno stupido giro dell’oca

Il sentiero ci porta presto a Casa del Che, una bella cascina ormai abbandonata circondata da grandi alberi e un tappeto di foglie rosse. E’ bello, è comodo e si fa interessante quando troviamo la prima delle cinque grandi pietre con le incisioni rupestri
Il sentiero ci porta presto a Casa del Che, una bella cascina ormai abbandonata circondata da grandi alberi e un tappeto di foglie rosse. E’ bello, è comodo e si fa interessante quando troviamo la prima delle cinque grandi pietre con le incisioni rupestri
Non si tratta delle pietre originali che sono disseminate nel territorio del parco a grande distanza l’una dall’altra, spesso in zone impervie e non facilmente raggiungibili. Si tratta di calchi fedeli che in breve spazio raccolgono l’opera di antichi cacciatori e pastori che hanno lasciato sulla roccia la testimonianza della loro esistenza. Qualcuno di questi reperti viene fatto risalire a 4700 anni prima della nascita di Cristo ma quello di incidere la roccia è un’usanza proseguita anche dai nostri nonni che, immagino, avranno arricchito le antiche incisioni con le loro. Ad ogni buon conto anche questa è una bella iniziativa del parco del Beigua per valorizzare il suo territorio. Pannelli esplicativi accompagnano le incisioni e ci raccontano l’uso alle quali quelle pietre erano destinate. Naturalmente nell’ombra del bosco la fotocamera del telefonino fa cilecca e mi regala poche misere immagini
Non si tratta delle pietre originali che sono disseminate nel territorio del parco a grande distanza l’una dall’altra, spesso in zone impervie e non facilmente raggiungibili. Si tratta di calchi fedeli che in breve spazio raccolgono l’opera di antichi cacciatori e pastori che hanno lasciato sulla roccia la testimonianza della loro esistenza. Qualcuno di questi reperti  viene fatto risalire a 4700 anni prima della nascita di Cristo ma quello di incidere la roccia è un’usanza proseguita anche dai nostri nonni che, immagino, avranno arricchito le antiche incisioni con le loro. Ad ogni buon conto anche questa è una bella iniziativa del parco del Beigua per valorizzare il suo territorio. Pannelli esplicativi accompagnano le incisioni e ci raccontano l’uso alle quali quelle pietre erano destinate. Naturalmente nell’ombra del bosco la fotocamera del telefonino fa cilecca e mi regala poche misere immagini
Oh, come mi trovo male a fotografare col telefonino! Lo impugno male, non riesco a tenerlo fermo e così le foto vengono mosse, rischia di cadermi sui sassi ogni volta. Foto pesanti per i tanti pixel catturati dal minuscolo obiettivo ma che, alla resa dei conti, non mi soddisfano per niente. La nostra breve gita si conclude quando, nella nebbia che intanto è scesa e ha cancellato l’azzurro del cielo, sbuchiamo sulla strada poco a valle della torbiera del Laione e andiamo a recuperare la macchina. Abbiamo percorso poco meno di 13 chilometri e superato un dislivello di 400 o 500 metri

Oh, come mi trovo male a fotografare col telefonino! Lo impugno male, non riesco a tenerlo fermo e così le foto vengono mosse, rischia di cadermi sui sassi ogni volta. Foto pesanti per i tanti pixel catturati dal minuscolo obiettivo ma che, alla resa dei conti, non mi soddisfano per niente. La nostra breve gita si conclude quando, nella nebbia che intanto è scesa e ha cancellato l’azzurro del cielo, sbuchiamo sulla strada poco a valle della torbiera del Laione e andiamo a recuperare la macchina. Abbiamo percorso poco meno di 13 chilometri e superato un dislivello di 400 o 500 metri

Il tracciato dell’escursione rilevato con il gps (l’anello è stato percorso in senso antiorario). Partenza dalla Torbiera del Laione (2,5 km sopra Piampaludo, m. 991) - strada asfaltata per Pratorotondo - svolta a destra sul “Sentiero Natura” (segnavia: tre pallini gialli) - Cian du Ni - incrocio con l’Alta Via poco sopra Pratorotondo - Monte Beigua (m. 1287) - Pratorotondo (m. 1108) - Prato Ferretto - svolta a sinistra sull’itinerario per Piampaludo segnato con una croce gialla - bivio per il Lago della Biscia (svolta a sinistra sull’itinerario segnato con tre pallini gialli) - Casa del Che (m. 981) - calchi incisioni rupestri - Torbiera del Laione
Il tracciato dell’escursione rilevato con il gps (l’anello è stato percorso in senso antiorario). Partenza dalla Torbiera del Laione (2,5 km sopra Piampaludo, m. 991) - strada asfaltata per Pratorotondo - svolta a destra sul “Sentiero Natura” (segnavia: tre pallini gialli) - Cian du Ni - incrocio con l’Alta Via poco sopra Pratorotondo - Monte Beigua (m. 1287) - Pratorotondo (m. 1108) - Prato Ferretto - svolta a sinistra sull’itinerario per Piampaludo segnato con una croce gialla - bivio per il Lago della Biscia (svolta a sinistra sull’itinerario segnato con tre pallini gialli) - Casa del Che (m. 981) - calchi incisioni rupestri - Torbiera del Laione
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