Foto Caserme del Giaset del Malamot 14 luglio 2024 |
Stefano, Alessandro |
Gita con Alessandro in un luogo assolutamente nuovo per noi: oggi siamo andati alla Diga del Moncenisio presso l’omonimo valico che separa le Alpi Cozie dalle Alpi Graie.
Con la cessione nel 1860 - da parte di Cavour - della Savoia alla Francia, il Colle del Moncenisio divenne la nuova linea di frontiera del neonato Regno d’Italia e si avvertì subito l’esigenza di sbarrarlo efficacemente per proteggere la Val di Susa, Torino e la Pianura Padana. Tra il 1874 e il 1880 venne quindi realizzata la Piazza Militare del Moncenisio con i forti Varisello, Cassa e Roncia, ai quali si aggiunsero successivamente la Batteria Pattacroce e la Caserma del Malamot. Quest’ultima fu edificata nel 1889 in prossimità della vetta del Malamot a 2914 metri di quota e a servizio della caserma fu tracciata la strada militare “Bivio Varisello-Giaset-Malamot” lunga 8.700 metri. Negli anni trenta vennero inoltre costruite numerose e moderne opere in calcestruzzo e in caverna. Nel giugno 1940 il settore del Moncenisio fu coinvolto nella Battaglia delle Alpi Occidentali e ulteriori episodi bellici avvennero anche tra il 1944 e il 1945. Infine, con l’arretramento del confine avvenuto nel 1947 in forza deltutta la conca del Moncenisio a sud del valico (con le strutture militari, il vecchio invaso artificiale e il grande ospizio) passò in territorio francese.
Lasciamo la macchina presso la borgata “fantasma” della Gran Croce (m. 1880, ore 7) sotto l’imponente diga costruita dalla EDF (Électricité de France) nel 1968. La Gran Croce era una frazione del Comune di Moncenisio nella provincia di Torino e, pur trovandosi nel versante sud delle Alpi, nel 1947 venne annessa alla Francia. Con la costruzione della nuova diga fu progressivamente abbandonata per poi divenire definitivamente disabitata nel 1986.
Dai ruderi della Gran Croce seguiamo la sterrata che sale fin sopra lo sbarramento della diga. Ignoriamo la deviazione a destra per il Forte Varisello e imbocchiamo a sinistra la strada militare del Malamot. La giornata si preannuncia splendida con cielo terso, temperatura di 12 gradi e un venticello freddo da nord che ci costringe inizialmente a indossare giacca a vento, berretto di lana e anche una fascia di pile sulla bocca.
La rotabile prende subito quota innalzandosi con una serie di tornanti tra gli ultimi i rododendri in fiore e raggiungendo più in alto un bel pianoro. Da qui - alternando tratti di sentiero ad altri di carrozzabile – giungiamo al grande anfiteatro dove si trovano gli antichi ricoveri militari del Giaset (m. 2630, ore 10.20). La caserma del Malamot è ora perfettamente visibile - circa trecento metri sopra di noi - e per raggiungerla occorrerebbe più o meno un’altra oretta di cammino. Alessandro però è stanco e non me la sento di insistere né di forzarlo: decidiamo allora di fermarci qui. Il posto è molto suggestivo e Alessandro inizia subito un’ispezione accurata delle tre caserme alla ricerca di cimeli storici: torna allegro e trionfante portando tra le mani ciò che resta di un tubo di stufa completamente divorato dalla ruggine. “E’ del tempo della guerra?” domanda eccitato. “Altro che guerra, questo pezzo di tubo sarà dei tempi di Crispi!” gli rispondo. “Chi era Crispi?”.
Dopo uno spuntino sostanzioso e una pausa prolungata, prendiamo la via del ritorno; questa volta sfruttando inizialmente i numerosi nevai e seguendo poi il sentiero che taglia tutti i tornanti della “militare”. In tal modo la discesa si rivela abbastanza rapida e meno faticosa del previsto, con il grande lago del Moncenisio - splendido nel suo colore verde smeraldo - che monopolizza ininterrottamente il panorama. L’apparire del Forte Varisello - il più grande dei tre forti e centro del Comando della Piazza - prelude alla conclusione della gita: la Gran Croce è laggiù al centro del grande prato adibito a pascolo e alle 13.40, sotto un sole sfolgorante, facciamo ritorno alla macchina. Abbiamo camminato per quasi sei ore. Alessandro è molto soddisfatto, e io pure: anche se non abbiamo raggiunto la cima, è stata ugualmente una gran bella gita |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|