1 febbraio 2015 Monte Cordona da Sori (discesa a Nervi) |
1 febbraio 2015 – SORI – MONTE CORDONA – NERVI
Gianni, Franca
Ieri, sabato, splendeva il sole. Freddo sì, ma c’era il sole. Eppure, a un certo punto, il cielo è diventato scuro all’improvviso e appena più in alto del mare sono caduti fiocchi di neve. Sul mare uno scroscio di pioggia. La perturbazione ha attraversato veloce tutta la riviera, da ponente a levante, e se ne è andata lasciandosi dietro il cielo di nuovo sereno e le alture imbiancate. Questo per dire che anche a Monte Santa Croce, che è proprio sopra Pieve Ligure, è arrivata la neve. E più su era abbastanza alta da entrarmi nelle pedule.
Ma ora torno daccapo e cioè alla stazione di Sori dove alle 8,50 siamo scesi dal treno (nuovissimo, sedili
tutti girati dalla stessa parte, una fila dritta e una a rovescio e tanto vicini che mi sembrava di essere sul pullman).
Scendo dal treno e fotografo il mare. Riesco a cogliere l’attimo in cui un’onda lunga si frange sulla riva e ha una cresta alta che si arrotola su se stessa, e l’acqua scivola giù dalla cresta. Un mare per surfisti. E un istante dopo c’è la risacca e l’acqua torna indietro e ara la spiaggia lasciandola quasi asciutta. Uno spettacolo.
Dopo aver percorso un breve tratto di Aurelia ci infiliamo in una delle tante stradine che risalgono la collina.
Per la precisione via Daniele Manin. L’itinerario (Sori – Monte di S. Croce - Monte Cordona) ci porta a zig zag verso ovest e attraversa crose che sono una più bella dell’altra, mentre il mare si allontana sotto di noi e il sole ci acceca se voltiamo lo sguardo verso il Promontorio di Portofino. Un campo da calcio sembra sospeso sul mare, fortunati i ragazzi che giocano qui.
Siamo a Pieve Alta, la bellissima borgata di Pieve Alta, con la chiesa che riempie la piazza e i negozi in riga. Il forno. Un pezzo di focaccia per Gianni. Chissà come si immaginava che fosse la focaccia di Pieve. E invece è secca e dopo due morsi finisce nello zaino. Una piccola delusione fra tanta bellezza.
Ora saliamo verso nord, non dritti ma con una serie di ampi zig zag attraverso stradine perfettamente
tenute, i muri a secco rifatti, gli ulivi che la costeggiano con il loro bel quadrato di terra ritagliato nel cemento, la mimosa fiorita. A Pieve domenica prossima c’è la Festa della Mimosa.
Le stradine lasciano il posto al sentiero che sale dapprima su terreno scoperto e costeggia alcune edicole votive sulla Via dei Misteri e poi, tra i pini, sbuca sul monte di Santa Croce. Monte Santa Croce è un cocuzzolo isolato, con un panorama che abbraccia il mare da Portofino a Capo
Mele, sul lato sud riparato dai venti tanto che sembra primavera. Sul cocuzzolo c’è una bel santuario da sempre meta di pellegrinaggi, il Santuario di Santa Croce, del quale si ha già notizia nei documenti del 1200 che testimoniamo la presenza di un ospizio per pellegrini su questa cima.
Un dolcino e un sorso di the e scolliniamo sul versante nord dove un venticello gelido mi fa indossare
all’istante il pile pesante. Il clima primaverile è scomparso e a terra piccole chiazze bianche rimaste da ieri. La traversata prosegue sul crinale, un po’ su e un po’ giù, dirigendosi verso nord. Il segnavia dei due quadrati rossi c’è e non c’è e non è affatto chiaro. Nei bivi è assente. Avremmo voluto seguirli
integralmente e invece sbagliamo tutto quel che c’è da sbagliare anche se nella sostanza cambia poco. Il tracciato sale sul Monte Castelletti e noi invece lo contorniamo senza toccare la cima. Lo ritroviamo a Cian da Cola, lo seguiamo fino al Bocchin di Pozzuolo appena sotto la provinciale del Monte Fasce e lo perdiamo di nuovo perché noi saliamo sul Monte Rotondo e invece il sentiero percorre le pendici sud-ovest. Lo ritroviamo sulla strada del Fasce e lo perdiamo seguendo un sentiero che la costeggia e invece no, avremmo dovuto seguire la strada che tra l’altro è più comoda.
Insomma il Monte Cordona è un oggetto misterioso, segnato male, malissimo.
Finalmente, alla Sella del Cordona, lo vediamo, pochi minuti sopra la strada, niente più che un’elevazione più alta delle altre di qualche metro, quota 803 per la precisione. Un monte senza una croce che gli regali dignità, neppure un cippo, niente di niente. Tanto che quando incontriamo una coppia giovane con un bel bambino che scende correndo e gli chiediamo se è “quello” ci sentiamo di rispondere “speriamo”.
Il panorama però è bello, il Promontorio di Portofino si allunga sul mare, la strada del Fasce si snoda sotto
di noi. La neve ricopre l’erba secca ed è sufficiente a entrarmi nelle pedule bagnandomi le calze.
Breve digressione: abbiamo impiegato tanto tempo, troppo, non lo dico nemmeno. E’ perché siamo soli. Quando siamo soli io sono sempre ferma, almeno è questo che mi dice Gianni. Sono ferma per bere, per fare le foto, per guardare il gps, per prendere appunti, per rispondere al telefono, per … In compagnia no, mi sbrigo. Quello che conta per fare presto non è tanto la velocità, anche se ha la sua importanza, ma non fermarsi come faccio io. Fine.
Un boccone seduti su un sasso e scendiamo alla Sella del Cordona dove svoltiamo a destra. L’itinerario è quello di Nervi – Monte Cordona, due triangoli pieni rossi. Qui è tutto più lineare e non c’è pericolo di sbagliare. Sentiero panoramico, in faccia al mare. Con la neve di ieri che non si è sciolta del tutto. Muretti a secco che dividevano le proprietà e testimoniano un passato di paziente lavoro su queste pendici. E poi, più giù, il Passo La Crocetta dove troviamo un bel gruppo di scout.
Scendiamo verso destra e sul sentiero incontriamo via via coppie giovani che salgono. Vanno a raggiungere i loro figli scout?
Nervi è vicina ma l’orologio corre e non vorremmo perdere il treno che ci siamo messi in testa di prendere.
Così quando arriviamo alla bella Cappella di San Rocco, che oggi è aperta, tiriamo dritto e non la visitiamo. Con un po’ di rimpianto.
La crosa scende ripida e incassata tra i muri che ci regalano solo scorci sul mare e gradino dopo gradino ci conduce all’arrivo.
Ore 15,40, la stazione ci aspetta. 15 i chilometri percorsi, un migliaio di metri il dislivello positivo.