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HOME PAGEGite Fea Nera, Ruetas e Punta Rognosa del Sestriere

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20 agosto 2022 Fea Nera da Laux (Val Chisone)
14 agosto 2021 Punta Rognosa del Sestriere da Sestriere
20 agosto 2020 Ruetas da Pattemouche (Pragelato)

20 agosto 2022 - FEA NERA da Laux (Val Chisone)

Stefano, Roberto

Gita molto bella - seppur lunga e faticosa - nel Vallone dell’Albergian, ampio solco sul lato destro del Chisone ricoperto da fitti lariceti nella parte bassa e da sconfinati pendii erbosi nella parte superiore. L’idea l’ha lanciata Roberto e si è rivelata perfetta: monti per noi quasi sconosciuti, ambiente di prim’ordine e panorami favolosi.
Partiamo alle 8.15 da Laux (m. 1350), antica e minuscola borgata situata a una manciata di chilometri da Usseaux e posta all’ingresso del vallone. Dalla piazzetta imbocchiamo a destra la sterrata che sale in modo deciso e costante fino a un alpeggio (m. 1719). Qui ha inizio una buona mulattiera (segni bianco-rossi della G.T.A.) che si inerpica a tornanti sul versante sinistro (orografico) del vallone ammantato di conifere. Giungiamo a un evidente bivio: la diramazione di sinistra porta ai Laghi dell’Albergian (la percorreremo al ritorno), quella di destra conduce invece direttamente al Colle dell’Albergian compiendo un lunghissimo traverso a mezzacosta sulla sinistra orografica del vallone.
Procediamo svelti con passo bersaglieresco, aiutati in ciò da un’aria asciutta e frizzante e da una temperatura finalmente consona alla stagione in corso. Alle 11.30 siamo al Colle dell’Albergian sullo spartiacque Chisone-Germanasca (m. 2708) e con un’altra mezz’ora di cammino su per il facile crestone di sfasciumi (a sinistra del colle) guadagniamo la vetta della Fea Nera (m. 2946, ore 12). Il panorama è eccezionale con un fiorire di cime e di vallate in qualsiasi direzione e a perdita d’occhio: riconosco l’Orsiera, la Rognosa del Sestriere, lo Chaberton, il Ruetas, il Ghinivert; lontani brillano i ghiacciai del Delfinato e della Savoia.
In discesa, a circa metà percorso tra la Fea Nera e il colle, ci buttiamo giù a destra e zigzagando tra i detriti intercettiamo la mulattiera che conduce a un ricovero militare ormai diroccato (m. 2642). Più in basso transitiamo in prossimità di un piccolo laghetto, dopodichè discendiamo la bastionata rocciosa raggiungendo l’amena conca che ospita l’antica Caserma dei Laghi Albergian (m. 2340). Poco sopra, un po’ defilato alla vista, si trova il maggiore di questi laghi.
Il ritorno è lungo, molto lungo, non finisce mai ... è come se il vallone - dopo la nostra salita - fosse stato tirato da una parte e dall'altra da due giganti, e si fosse allungato; in compenso il paesaggio è “svizzero”, soprattutto presso il pascolo della Bergerie dell’Albergian dove mancano soltanto Heidi e Peter. Uno splendido lariceto ci regala adesso ombra fino alla Bergerie del Pra del Fondo (m. 1953); poco oltre - attraversato il torrente su un ponticello di legno - incrociamo la mulattiera dell’andata chiudendo così il nostro anello. Ma la discesa non è affatto terminata, anzi ... a Laux arriveremo soltanto alle 15.50 dopo sette ore di cammino effettivo, decisamente stanchi e molto soddisfatti di questa bellissima gita. Rinnovo i complimenti a Roberto perché ha proposto un itinerario perfetto.


14 agosto 2021 - PUNTA ROGNOSA DEL SESTRIERE da Sestriere

Stefano, Roberto

Gita davvero bella ma assai faticosa alla Punta Rognosa del Sestriere che, con i suoi 3280 metri, costituisce la massima elevazione della Val Chisone.
Ci mettiamo in marcia alle 8.30 dal Piazzale Kandahar di Sestriere (m. 2035) tra palazzoni cittadini, traffico sostenuto e un’impressione generale di poca cura delle cose. Poi bastano pochi minuti di cammino per trovarsi immersi in un bellissimo lariceto e respirare appieno l’atmosfera di alta montagna. Il tempo è splendido.
Con percorso quasi pianeggiante ci inoltriamo nel vallone del Chisonetto fino a raggiungere l’ex diga (m. 2175, ora ridotta a modesto specchio d’acqua) ai piedi dell’imponente anfiteatro coronato dalle cime del Banchetta, della Rognosa, delle Rocce di San Giacomo e del Sises.
Da qui in avanti la salita si fa dura: un sentierino (tacche bianco-rosse) si inerpica con decisione al centro della conca fino a superare una prima balza. Poi, più in alto, incontriamo un bivio sommariamente segnalato: il ramo di sinistra porta al Passo della Banchetta, quello di destra al Passo di San Giacomo. Noi in realtà vorremmo seguire il tracciato che sale dritto verso il colle ovest della Sotto Rognosa ma dal basso, e con il sole negli occhi, non riusciamo a individuarlo. Decidiamo allora di dirigerci al Passo di San Giacomo, un po’ eccentrico rispetto alla Punta Rognosa, allungando così sensibilmente il percorso.
Sbuchiamo sullo spartiacque Chisone-Dora al Passo delle Rocce di San Giacomo (m. 2663, ore 10.45). Da qui in avanti gli ometti di pietra saranno gli unici segnali di riferimento. Con percorso leggermente esposto ma privo di reali difficoltà (EE), aggiriamo sul lato sud le Rocce di San Giacomo per proseguire poi in cresta fino al colle ovest della Sotto Rognosa (m. 2745, ore 11.35) dove, dal versante del Chisonetto, giunge la traccia che avremmo voluto fare (e che seguiremo in discesa).
Da qui alla vetta il sentiero torna a essere evidente e ben marcato ma anche molto faticoso: dapprima si perviene alla Sotto Rognosa (m. 3016), modesta anticima di ponente; poi si rimonta a zig-zag l’immenso dossone di sfasciumi, con gli ultimi 280 metri di dislivello che sembrano non terminare mai.
Finalmente alle 12.30, dopo quattro ore esatte di cammino, mettiamo piede sulla Punta Rognosa (m. 3280) dove sono collocate una Madonnina e una croce di ferro dalla forma inusitata. Vastissimo è il panorama, limitato purtroppo dalla foschia.
Al ritorno, una volta ridiscesi alla colle ovest della Sotto Rognosa, imbocchiamo sulla destra la traccia che si tuffa decisa nel vallone del Chisonetto. Questo percorso risulta indubbiamente più breve e più logico e infatti alle 14 siamo già nei pressi del lago.
All’ombra dei larici percorriamo infine l’ultimo tratto di leggera discesa e alle 14.45 facciamo ritorno al Sestriere, stanchi e soddisfatti. Faccio i complimenti a Roberto perché questa gita l’ha scelta lui: è stato un giro bellissimo su una montagna imponente che si è rivelata ben più dura del previsto.


20 agosto 2020 - M. RUETAS da Pattemouche (Pragelato)

Stefano, Roberto

Gita pensata da Roberto che non vedevo più dalla ciaspolata al Monte Grosso del 7 marzo 2020, due giorni prima che il governo varasse le misure restrittive in tutta Italia per il contenimento dell’epidemia di Coronavirus. Il nome della montagna che saliremo, il Monte Ruetas, di quasi tremila metri, non l’avevo mai sentito prima d’ora; e anche la zona, la Val Troncea, entro cui nasce il Chisone, sapevo collocarla a malapena e con scarsa approssimazione sulla carta geografica delle Alpi Cozie.
La partenza della gita è a Pattemouche, piccola borgata posta a lato della strada per il Sestriere proprio all’imbocco della Val Troncea, quattro chilometri sopra Pragelato. Posteggiamo la macchina presso il ponte “Das Itreit” sul Chisone (m. 1616) e alle 7.50 ci mettiamo in cammino lungo sterrata della sponda destra del torrente. L’aria è frizzante; e per “frizzante” intendo una media più o meno equilibrata tra il “pungente” con cui la percepisce il sottoscritto e il “piacevolmente fresca” di Roberto. Dopo un buon tratto in fondovalle e dopo aver varcato i confini del parco naturale istituito nel 1980, incontriamo l’inizio del sentiero n. 330 (m. 1692) che si innalza subito a svolte all’interno di un magnifico lariceto e che conduce all’antico villaggio di Seytes (m. 1919), abbandonato nel 1923 per trasformarsi in alpeggio e poi incendiato dai tedeschi per rappresaglia nella primavera del 1944.
Dopo Seytes il sentiero 330 si impenna sensibilmente tra larici, maestosi pini cembri e scorci suggestivi della Punta Rognosa di Sestriere, raggiungendo così i soprastanti ed estesi pendii pascolivi posti sul versante occidentale del Monte Morefreddo. La traccia, ottimamente segnata con paletti bianco-rossi, diviene via via sempre più ripida e punta senza indugio verso la sommità del Morefreddo seguendo il percorso più breve, cioè la linea della massima pendenza.
In cima (m. 2769, ore 10.40) si trovano i ruderi di baraccamenti militari di fine Ottocento mentre alla nostra destra (direzione sud-est) ci appare finalmente la vetta. Lungo i suoi fianchi l’aria umida scaldata dal sole comincia a scorrere e a salire velocemente condensando in vapori e brandelli di nebbia: rischiamo di arrivare in cima e non vedere nulla! Non ci resta che affrettare il passo.
Dopo una perdita di quota di sessanta metri (Colle di Morefreddo, m. 2710), imbocchiamo il Sentiero degli Alpini che con un paio di svolte e di diagonali tra gli sfasciumi del versante nord del Ruetas raggiunge un pronunciato costone della montagna sul vallone di Massello (Val Germanasca). Una targa commemorativa ricorda ai posteri come questo sentiero sia stato realizzato a mano e a colpi di mina dal 7° Reggimento Alpini nel lontano 1896 (anno della sconfitta di Adua) per raccordare le caserme del Morefreddo con i successivi colli senza perdere quota. Poco prima della targa, un ometto non troppo visibile segna il punto in cui sulla destra si stacca una labile traccia che, risalendo il filo dell’aspro costone, permette di arrivare in vetta al Monte Ruetas (m. 2935).
Sono le 11.30 e le nubi ci hanno graziato: sopra la Val Troncea e in direzione sud-ovest la visuale è perfettamente sgombra; anche verso la Savoia il panorama è perfetto. Solo verso est la vista risulta offuscata dalle nebbie che salgono dal lato di Massello.
Dopo aver sostato e mangiato, con una rapida discesa ci riportiamo sul Sentiero degli Alpini seguendolo a destra in direzione del Colle dell’Arcano. Qui la mulattiera presenta il suo tratto più spettacolare tagliando un ampio gradino sullo scosceso e impraticabile fianco orientale del Ruetas. Non vi sono difficoltà di sorta, tranne l’attraversamento di una passerella di legno in condizioni precarie per il cedimento dei sostegni: è l’unico punto in cui occorrono prudenza e grande attenzione; ed è anche il motivo per cui il Sentiero degli Alpini risulta ufficialmente chiuso al transito con ordinanza del Comune di Massello.
I vapori si dissolvono in vista del Colle dell’Arcano (m. 2781) e dell'interminabile discesa che ci attende: dapprima giù per l’ampio vallone percorso dal sentiero n. 334; successivamente, dopo i Forni di San Martino (m. 2320), giù per la mulattiera discendente dal Colle del Beth (n. 320) e utilizzata per circa due secoli dai minatori e dagli operai che lavoravano nelle gallerie del Beth per l’estrazione del minerale da cui si ricava il rame. Il 19 aprile 1904 una terribile valanga investì in pieno la mulattiera e uccise ottantun lavoratori che stavano cercando di tornare giù a valle.
Al termine di una lunga serie di svolte, presso un bivio su di un ripiano prativo, imbocchiamo sulla destra il sentiero per Seytes. La stanchezza e la sete si fanno sentire e i continui saliscendi nel magnifico bosco di larici sembrano non finire mai. Ma quando è che si arriva a Seytes? Ecco le case di Seytes, finalmente! L’anello è completato, ma che fatica! Non ci resta che raggiungere il fondovalle e mangiare un po’ di polvere sulla sterrata per Pattemouche presa d’assalto dai turisti ferragostani “armati” di bici elettriche, laute provviste di cibo e di tutto il necessario (anche il superfluo) per il picnic; per nulla avvezzi alle fatiche della montagna considerato che lungo i sentieri, durante tutto il giorno, non abbiamo incontrato praticamente nessuno. Alle 15.30 concludiamo questa lunga gita arrivando alla macchina cotti a puntino. E’ stata davvero bella, seppur molto faticosa, e ringrazio Roberto per aver scelto bene.


 

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