30 giugno 2018 - ROCCA DELL'ABISSO dal Colle di Tenda
Stefano, Roberto
La salita alla Rocca dell’Abisso dal Col di Tenda è un percorso remunerativo e molto panoramico frequentato esclusivamente da escursionisti italiani: qui i “cugini” d’oltralpe si vedono poco. Eppure, per paradosso, tutta la gita si svolge in territorio francese giacchè l’arretramento della frontiera del 1947, dalle Gole di Paganin fin su oltre Briga e Tenda, non si contentò di arrestarsi sulla cresta di spartiacque ma proseguì nel versante piemontese fino a inglobare la mulattiera d’accesso al Forte Giaura: “jamais” che il campo trincerato del Tenda, già obsoleto al termine della sua costruzione, potesse rimanere nelle mani fedifraghe degli Italiani! I cippi di confine risultano così allineati a lato di questa mulattiera, precisamente lungo il ciglio che guarda giù Limonetto.
Chiusa la parentesi storica passo a relazionare la gita. Partiamo dallo Chalet “Le Marmotte” (m. 1804) alle 7.20 sotto uno splendido cielo terso contro il quale si staglia imponente - e apparentemente lontanissima - la nostra montagna. Alla nostra sinistra una strada militare scende al Forte Margheria per proseguire poi, tra larici e prati, verso le Caserme di Peirafica e, più oltre, fino alla magnifica conca di Casterino. Noi seguiamo l’ampia mulattiera che si tiene a mezzacosta sotto il Forte Pernante e sul versante settentrionale di Cima Salauta.
Dopo la Bassa Sovrana di Margheria (m. 2079, ore 8.40) il paesaggio muta radicalmente e si entra all’improvviso nel regno aspro e severo delle Marittime, fatto di colate detritiche, di nevai e di suggestivi specchi d’acqua rinserrati tra bastioni rocciosi. Costeggiata la sponda orientale del Laghetto dell’Abisso (m. 2207) e risalito un piccolo nevaio, riprendiamo la mulattiera militare precedentemente abbandonata; quest’ultima, con arditi traversi su scoscese pareti e brevissimi tratti in frana superabili senza particolari problemi, termina sulla spianata del Forte Giaura (m. 2254, ore 9.15) sopra la quale si innalza la ripida china pascoliva di Pra Giordano. Due stambecchi stanno cambiando il folto pelo invernale con quello più corto e chiaro che manterranno fino al prossimo autunno.
La cima è ormai vicina e un po’ per nevai e un po’ su sfasciumi ci portiamo alla base del grande pendio detritico terminale che risaliamo agevolmente grazie alla traccia sempre buona e ben marcata. Alle 10.20 raggiungiamo così l’anticima sud (m. 2750) sormontata da una croce metallica e dalla quale si ha una bella visuale sui sottostanti Laghi di Peirafica. Dopo un breve tratto a fil di cresta leggermente esposto (difficoltà EE), mettiamo piede anche sulla vicina cima nord che costituisce la massima elevazione della Rocca dell’Abisso (m. 2755).
Il panorama spazia a trecentosessanta gradi dalle Alpi al mare: a nord, proprio di fronte a noi, la Rocca della Bastera e il Frisson; a sud-ovest la Valmasca con il Monte Bego; poi il Gelas, il Baus, la Nasta e l’Argentera; dalla parte opposta la dorsale della Bisalta che culmina con il Costa Rossa; a sud la Bassa di Peirafica e Casterino; e ancora: Entracque, il Vallone del Sabbione, e tutta la displuviale alpina fino alle cime frastagliate del Marguareis. Il sole caldo e l’aria asciutta senza neppure una bava di vento rendono la sosta in vetta davvero piacevole.
Poi discesa tranquilla lungo lo stesso itinerario incrociando gruppetti di escursionisti via via sempre più numerosi. Questo tratto è caratterizzato dalla vista dall’alto del Giaura, ancora in buono stato di conservazione, con la fronte di difesa rivolta a sud: realizzato, come gli altri forti del Tenda, tra il 1877 e il 1888 con grande dispendio di energie e di risorse finanziarie, divenne subito obsoleto ed estremamente vulnerabile con la comparsa dei pezzi di artiglieria a tiro curvo.
Consumiamo un veloce spuntino sul ciglio del fossato e riprendiamo la nostra discesa fino alla Bassa Sovrana di Margheria oltre la quale il percorso si mantiene pressoché pianeggiante. La comparsa del Forte Centrale e del Forte Alto, perni difensivi del campo trincerato del Col di Tenda, annuncia l’approssimarsi alla conclusione di questa bella gita: alle 13.40, sotto un sole abbacinante, facciamo ritorno alla macchina archiviando positivamente la prima uscita in Marittime del 2018.
9 luglio 2016 - ROCCA DELLA BASTERA da Limonetto
Stefano, Roberto
Oggi gita alla Rocca della Bastera in una giornata calda ma gradevole: è questa un’escursione abbastanza lunga e assai remunerativa per la varietà dei paesaggi e la bellezza degli ambienti che si attraversano.
La partenza è dal grande piazzale di Limonetto (m. 1294): io e Roberto, che ringrazio per la compagnia, ci mettiamo in marcia pochi minuti prima delle 8 e seguiamo la ripida stradina asfaltata che porta a Tetti Virulà. Prima di raggiungere la minuscola borgata si stacca sulla sinistra una larga mulattiera (segni bianco-rossi della G.T.A.) che prende quota tra boschetti e pascoli in direzione della poderosa bastionata della Rocca dell’Abisso; a destra, nel cielo limpido, si staglia l’elegante pulpito roccioso della Bastera.
Dopo un’ora di cammino siamo al Pian Madoro (m. 1760). Poco più in alto (m. 1900 circa) abbandoniamo la G.T.A. (diretta al Passo di Ciotto Mien) per seguire sulla sinistra una traccia che, dopo un tratto con pendenze sostenute, sbuca sul grande costone orientale del Monte Chiamossero (o Ciamoussè). Risaliamo ora la ripida china prativa (radi segni rossi sbiaditi) fin sotto i roccioni che sostengono la vetta del Chiamossero e poi prendiamo il sentiero che, con un panoramico diagonale a mezzacosta, taglia il versante meridionale della montagna (segni giallo-rossi).
Alle 10.15 siamo al Passo del Diavolo (m. 2405), varco rupestre che mette in comunicazione due ambienti molto diversi tra di loro e che può essere considerato una porta di confine tra Alpi Liguri e Marittime: le praterie e i profili smussati dei monti lasciano il posto ai laghetti e ai severi anfiteatri cosparsi di rocce e di detriti.
Dopo aver costeggiato le pendici orientali del Monte Frisson arriviamo al Lago dell’Oro (m. 2446, ore 10.55) adagiato sul fondo di una conca aspra e selvaggia; duecento metri più in alto, poco lontana, si erge la Rocca della Bastera. Lingue di ghiaccio galleggiano nell’acqua mentre piccoli nevai resistono ancora sul lato esposto a settentrione: il caldo di queste settimane ha trasformato la neve rendendola compatta in profondità e scivolosa in superficie.
Ci alleggeriamo del peso degli zaini, che lasciamo sotto un roccione in riva al lago, e seguiamo per un breve tratto dei segni rossi (diretti al Colletto dell’Abisso) fino alla base del conoide detritico che ricopre il versante nord-occidentale della Bastera. Una traccia appena accennata rimonta con uno stretto zig-zag il ripido pendio tra massi e cespugli fino a un colletto posto sotto la cuspide sommitale. Da qui, per facili roccette e ampie cenge erbose, saliamo agevolmente in vetta (m. 2617, ore 11.30). Bella visuale sulla dirimpettaia Rocca dell’Abisso, verso il Chiamossero e su tutta la testata della Val Vermenagna. Laggiù in basso, circondato da aguzze cime e da colate di sfasciumi, spicca il bel Lago dell’Oro.
Al ritorno seguiamo lo stesso percorso: un po’ di attenzione nel primissimo tratto di discesa e in poco tempo raggiungiamo le sponde del lago dove recuperiamo gli zaini e mangiamo.
Dopodichè ci lasciamo alle spalle la cupa parete nord della Bastera e procediamo a passo spedito verso un’altra parete, quella calcarea del Chiamossero, che conferisce al paesaggio un aspetto vagamente dolomitico. A lato dello spigolo orientale di questa parete si trova il ripido canale che adduce al suggestivo intaglio del Diavolo.
Una veloce risalita ed eccoci proiettati in un nuovo scenario fatto di morbide vallate, prati verdissimi e magnifiche fioriture.
Quasi al termine della mulattiera incontriamo una mandria di mucche al pascolo: prudenzialmente usciamo dal tracciato e disegniamo un ampio semicerchio tenendoci a debita distanza da un toro che non sembra apprezzare la nostra presenza.
Alle 14.30, sotto un sole accecante, facciamo ritorno a Limonetto, stanchi e soddisfatti per questa gita ben riuscita.
28 luglio 2013 - M. CIOTTO MIEU da Palanfrè
Stefano
Breve gita mattutina nel bel Vallone degli Alberghi, il primo vallone interamente nel territorio delle Alpi Marittime ad occidente del Tenda.
Parto alle prime luci del giorno da Palanfrè, piccolo villaggio con le case in pietra situato a 1379 metri di quota al culmine della Val Grande di Vernante.
Prima del bivio per il Lago degli Alberghi è stata sistemata una variante sul fianco destro orografico del vallone: il sentiero, perfettamente tracciato, permette adesso di evitare il vecchio itinerario che percorreva a mezzacosta l’opposto versante continuamente soggetto a fenomeni di erosione. Anche la segnaletica è stata rinnovata a cura del Parco delle Alpi Marittime, con la posa di nuovi cartelli in corrispondenza delle biforcazioni, dei valichi e dei luoghi di particolare interesse.
Al bivio svolto a sinistra e, tra pini mughi e praterie, risalgo il Vallone degli Alberghi fino all’omonimo lago (mt. 2038): in alto incombono le pareti calcaree del Monte Chiamossero che conferiscono al paesaggio un aspetto quasi dolomitico.
Dal lago il sentiero sale ripido fino al Passo di Ciotto Mieu (mt. 2274), piccolo intaglio sulla cresta al di là della quale si spalanca la Valle Vermenagna già inondata da sole. La mattinata è tiepida e ventilata.
Svolto a sinistra e in breve raggiungo la cima del Ciotto Mieu (mt. 2378).
Bel colpo d’occhio sul Frisson e sul Chiamossero mentre a nord la dorsale erbosa prosegue verso il Bec Matlas e il Bec Baral per digradare poi fino a Vernante.
In discesa seguo lo stesso itinerario. Il Vallone degli Alberghi, esposto a nord-ovest, è ancora in ombra: da una parte è un peccato perchè le foto vengono meno belle, dall’altra è un bene perchè si cammina decisamente meglio.
A Palanfrè mi accoglie un sole intenso: le case in pietra e legno, tutte ben curate e con i fiori ai davanzali, rendono la piccola borgata davvero graziosa.
21 luglio 2013 - LAGO DELL'ORO e ROCCA DELLA BASTERA da Limonetto
Stefano, Franca
Stefano mi ha chiesto di fare una gita con lui e io mi sono lasciata convincere. Dove ancora non so, deciderà strada facendo. Questa mattina alle 3 in punto ho sentito un tocco sulle spalle, mi sono alzata nella casa silenziosa e fiocamente illuminata, gli occhi semichiusi per non svegliarmi del tutto. Dal letto al sedile della macchina è stato un attimo e il sogno interrotto è ricominciato e nel sogno c’erano i nomi di Cima del Lausetto, Rocca della Bastera, Rocca dell’Abisso.
Alla fine ha vinto la Rocca della Bastera. Si parte da Limonetto: 1400 metri di dislivello all’incirca. Io mi fermerò al Lago dell’Oro che è duecento metri più in basso.
Alle 6 lasciamo l’auto nel parcheggio del paese (mt. 1294). Il cielo comincia a schiarire e qualche nuvola staziona sulla Rocca dell’Abisso: è fresco e ho quasi freddo. L'itinerario parte da qui, marcato con le bandierine bianco-rosse. Stefano mi regala il lusso di salire senza zaino. All’inizio seguiamo la stradina asfaltata per Tetti Virulà, poi una bella mulattiera che corre attraverso ridenti praterie. Dopo un’ora siamo al Pian Madoro (mt. 1760): sopra di noi si innalza la cima est del Monte Ciamoussè (o Chiamossero). Al bivio di quota 1900 abbandoniamo la G.T.A (Grande Traversata delle Alpi) diretta al Passo di Ciotto Mien e proseguiamo a sinistra. Con una ripida salita guadagnamo il costone orientale del Chiamossero.
Tra i prati trovo anemoni, genzianelle, bellissime nigritelle. Le prime stelle alpine spuntano tra l’erba. Qualche camoscio scorrazza là in alto. Fischi di marmotte. Ci supera un giovane che ha un bel passo veloce e io al confronto sembro una lumaca. Però non faccio fatica e Stefano si accontenta.
Con percorso a mezzacosta tagliamo le pendici meridionali della cima est del Chiamossero.
Poco dopo le 8 e mezza lo scenario cambia improvviso. Al Passo del Diavolo (mt. 2405) una breve discesa attraverso un ripido ma facile canalino ci apre la porta a un ambiente che da bucolico diventa rupestre, severo anfiteatro tra l'Abisso e il Frisson. I prati cedono il posto alle rocce e ai nevai. Tra gli sfasciumi spiccano gli ultimi cespugli di rododendro in fiore.
Per un tratto, anziché seguire fedelmente i segnavia che ora sono diventati giallo-rossi, ci teniamo leggermente più bassi preferendo camminare sulla neve. Il Lago dell’Oro (mt. 2446) è poco più in alto, adagiato sul fondo di una conca. Quando ci affacciamo sul bordo della conca lo vediamo: una pozza celeste che galleggia sulla neve, bello e suggestivo come tutti i laghetti di alta montagna.
Sono le 9 e mezza. La Rocca della Bastera è duecento metri più in alto e l’itinerario da E diventa EE. Il sole si nasconde dietro una nuvola e ogni tanto fa capolino. Io mi fermo qui e anche Stefano oggi ha deciso di non proseguire.
Giriamo intorno al laghetto e vediamo il giovane che prima ci aveva superato. Lui è salito alla Rocca della Bastera ed è già ridisceso. Col dito indica il percorso: un’esile striscia di terra e pietre a destra della cresta nord-occidentale. Ci vuole poco, non ci sono difficoltà. Stefano è indeciso, mi guarda, tentenna. Poi lascia lo zaino e parte di corsa. A questo punto gli lascio la penna. Io sulla Rocca Bastera non sono salita.
(Relazione di Stefano) La giornata è piuttosto fresca e mi spiace lasciare mia mamma ferma ad aspettarmi. Poi mi decido e cerco di fare il più in fretta possibile. Dal lago seguo il nevaio fino alla base di un ripido pendio di terra, erba e pietre immediatamente a destra del filo di cresta. Raggiunto un colletto salgo agevolmente in vetta (mt. 2617) zigzagando tra roccette e facili cenge erbose.
Tempo mezz’ora e Stefano è di ritorno. Neppure il tempo di prendermi freddo. Al ritorno seguiamo fedelmente il tratto di sentiero che all’andata avevamo abbandonato per scendere sul nevaio. Col gps mi serve una traccia pulita. Incontriamo un gruppetto che sale veloce; più tardi lo vedremo schierato sulla cima della Bastera, minuscole figure stagliate nel cielo.
Pietraie, qualche ciuffo verde, lingue di neve che l’estate ha trasformato rendendola compatta in profondità e scivolosa in superficie. In breve siamo al canalino del Passo del Diavolo, lo risaliamo: è come oltrepassare una porta.
Ritroviamo lo scenario bucolico di questa mattina: prati verdi, fiori e un po’ più in basso le mucche al pascolo. Perché rifare il sentiero dell’andata quando sull’erba si scende senza fatica? Tanto ho già la traccia registrata dal gps questa mattina. Lungo i prati e sulla linea di massima pendenza recuperiamo velocemente il sentiero molto più in basso.
Intanto si è fatto mezzogiorno. Stefano tira fuori dallo zaino due panini imbottiti di prosciutto e formaggio e le bottigliette d'acqua. Le mucche ci guardano. Un cane pastore si lascia corrompere: smette di abbaiare e mastica un boccone che Stefano gli ha lanciato. Camminiamo e mangiamo, il panino e la bottiglietta in mano.
Alle 13 in punto, sette ore da quando siamo partiti, siamo di ritorno a Limonetto. Bella escursione, paesaggisticamente molto varia, nell'estremo lembo orientale delle Alpi Marittime. Fino al Passo del Diavolo l'ambiente è quello tipico delle Liguri con praterie e rocce calcaree: dopo cambia d'improvviso e si entra nel cuore selvaggio delle Marittime fatto di gneiss, colate di sfasciumi e laghetti.
22 giugno 2012 - M. FRISSON da Palanfrè
Stefano
Bella escursione al Monte Frisson, elegante piramide rocciosa che, vista da nord, assomiglia ad un Monviso in scala ridotta. Giornata splendida e primo vero caldo di stagione.
Sono partito alle 7 in punto da Palanfrè, grazioso paesino situato a 1379 metri di quota in una valle che si dirama dalla Vermenagna all'altezza di Vernante (Valle Grande).
Il sentiero risale il pittoresco Vallone degli Alberghi tra splendide fioriture di rododendri e, dopo aver superato i Laghi Inferiore e Superiore del Frisson, perviene ad un colletto erboso sul crinale che divide il Vallone degli Alberghi dal Vallone del Sabbione.
Dopo aver seguito per un breve tratto il filo dello spartiacque Alberghi-Sabbione (cresta nord-ovest del Frisson), il sentiero si sposta sul versante sud-occidentale della montagna fino ad una biforcazione: la traccia di sinistra risale un ripido canalino di erba e roccette che sbuca su un intaglio roccioso della cresta sud; la traccia di destra compie invece un giro più largo e si ricongiunge con la precedente in corrispondenza dell’intaglio roccioso.
Io in salita ho percorso il canalino, più breve e diretto; una volta giunto in cresta ho superato il diedrino verticale attrezzato con una corda fissa.
Il passaggio non è banale, soprattutto se affrontato in discesa (passo di II abbastanza esposto): la presenza della corda è fondamentale per chi, come me, non ha dimestichezza con l’arrampicata.
Alle 9.10 sono arrivato in vetta.
La cima del Frisson è come la prora di una nave protesa verso nord: in basso si distendono il profondo solco del Sabbione e il Vallone degli Alberghi.
Al ritorno, dopo la corda fissa, invece di scendere nel canalino fatto in salita, ho proseguito per un breve tratto sul filo della cresta seguendo poi il tracciato, un po’ più lungo ma meno impervio, che riporta alla base del canalino.
Dopodichè tranquilla discesa nel bel Vallone degli Alberghi inondato dal sole.
Alle 11.30, sotto un sole cocente, ho fatto ritorno a Palanfrè.
24 luglio 2011 - M. FRISSON da Palanfrè
Stefano
Era da un pò di tempo che volevo salire su questa bellissima cima che, osservata da nord, assomiglia ad un Cervino ancora più affilato (il tutto con le debite proporzioni). Sono partito alle 6,45 da Palanfrè, grazioso villaggio alpino situato a 1379 m. di quota in una valle che si dirama dalla Vermenagna all'altezza di Vernante (Valle Grande). La mattinata è particolarmente fredda e il tempo è incerto.
In breve raggiungo il bivio per il Lago degli Alberghi e il gias che sorge poco sotto il Lago Inferiore del Frisson. Purtroppo il tempo sta peggiorando e il Frisson, avvolto da nubi minacciose, regala di sè un'immagine cupa e un pò inquietante.
Al Lago Inferiore del Frisson mi accoglie una pioggerella fine e fastidiosa. Con l'ombrellino aperto oltrepasso il Lago Superiore del Frisson mentre la pioggia si fa via via più insistente ed una fitta nebbia cala come un sipario che decreta la fine dello spettacolo.
A malincuore, a pochi metri dal crinale che divide la Valle Grande dal Vallone del Sabbione, decido di ripiegare sui miei passi.
E' passata circa un'ora e mi trovo nuovamente sopra il Lago Superiore del Frisson adesso illuminato da un timido sole. Questo accenno di schiarita mi fa sperare in un miglioramento del tempo.
In fretta e furia inverto nuovamente la marcia e recupero i 300 metri di dislivello che nel frattempo avevo perduto. Con rinnovata decisione risalgo il ripido pendio che conduce all'insellatura tra la Valle Grande e il Vallone del Sabbione mentre i Laghi del Frisson hanno finalmente riacquistato i colori dell'estate. La nebbia si è sollevata definitivamente e ora posso osservare con più attenzione l'ardito profilo di questa bella montagna.
Giungo alla sella e davanti a me si spalanca la vista sul profondo solco del Sabbione.
Dopo aver seguito per un breve tratto il filo del crinale tra il Sabbione e la Valle Grande il sentiero segnato si sposta sul versante sud-occidentale del Frisson e rimonta i ripidissimi pendii fino a guadagnare un intaglio sulla rocciosa cresta sud. Il panorama si allarga ora sulla vicina Rocca dell'Abisso.
Dopo aver superato un passaggio su roccia non proprio banale ma provvidenzialmente attrezzato con una corda fissa alle 9,55 sono finalmente in vetta. La cima sembra la prora di una nave protesa verso nord. Laggiù in fondo, al riparo delle pareti rocciose del Ciotto del Mieu e del Ciamoussè, brilla l'azzurro del bel Lago degli Alberghi. A sud il panorama è chiuso dalla Rocca dell'Abisso mentre a sud-ovest si distingue la sagoma del Clapier.
Dopo aver indugiato un poco a scattare qualche foto percorro a ritroso l'affilato crinale fino alla corda fissa. Il passaggio non mi pare del tutto elementare (ma queste sono valutazioni puramente soggettive) e inoltre gli scarponi zuppi d'acqua fanno poca aderenza alla roccia. La nuova corda, che è stata posizionata lo scorso mese di giugno, mi è quindi di grandissimo aiuto.
Dopo aver superato i tratti più ripidi e impervi la discesa è poi velocissima e alle 11,50 faccio ritorno a Palanfrè, felice di aver portato a termine una bella gita che all'inizio sembrava definitivamente compromessa.
24 giugno 2010 - ROCCA DELL'ABISSO dal Colle di Tenda
Stefano
Giornata
di tempo buono ma non limpida. Nebbie e nuvole erano presenti su quasi
tutte le cime delle Alpi Liguri e Marittime.
Fortunatamente la Rocca dell’Abisso è rimasta sempre
scoperta.
Sono partito dal Colle di Tenda alle 7.45 dopo che a Limone avevo
abbondantemente “infangato” la macchina per essermi trovato
in coda ad una massiccia transumanza.
Sopra al laghetto dell’Abisso ho incontrato parecchi stambecchi
che si sono lasciati avvicinare senza timore.
Alle 10 sono giunto sull’anticima dove si trova la croce e,
successivamente, sulla vetta vera e propria.
Bella vista sui sottostanti laghi di Peirafica, sul Frisson e sulla
catena dal Bego al Gelas.
Il gruppo dell’Argentera era purtroppo incappucciato dalle nuvole.
Al ritorno, sopra il laghetto, ho ritrovato gli stessi stambecchi
che continuavano a riposare e che mi hanno osservato con assoluta
indifferenza.
Alle 12.30 ho fatto ritorno alla macchina.
28 giugno 2009 - ROCCA
DELL’ABISSO dal Colle di Tenda
Stefano e Chiara
Partenza
alle 7.50 dal Colle di Tenda.
Alle 11 Chiara si è fermata poco sotto la vetta.
Alle 11,15 Stefano in vetta.
Alle 14,45 ritorno alla macchina. Tempo bello fino alle 11, poi nuvole
sulle cime. Giornata fresca.