31 dicembre 2018 - M. DUBASSO e M. ARMETTA da Madonna del Lago
Stefano
Continuano imperterrite le giornate di sole con temperature miti e ben al di sopra della media in montagna: sotto i duemila la neve è quasi sparita e la poca che è rimasta è sempre più dura, almeno al primo mattino. Viste le condizioni ho optato per una gita senza ciaspole sulla cintura di monti alle spalle di Albenga.
Parto alle 7.45 da Madonna del Lago (m. 1008, 3 km sopra il borgo di Alto in Val Pennavaira) e seguo il bellissimo sentiero segnato con il triangolo rosso che risale nella faggeta l’impervio e pittoresco anfiteatro del Rio Croso, tra pinnacoli e pareti rocciose. Un po’ di neve ghiacciata sotto il ciglio sommitale non mi crea alcun fastidio.
Alle 9.15 scollino al Monte Dubasso (m. 1538) e per l’ampia dorsale parzialmente innevata scendo al Colle San Bartolomeo d’Ormea (m. 1439). Poi ancora salita lungo l’Alta Via, passando per il grande pianoro di Cà del Cian (m. 1481) e rimontando infine le pendici sud-orientali dell’Armetta, in parte su poca neve in via di scioglimento, in parte su terreno completamente asciutto. Un paesaggio appena più invernale mi si presenta una volta valicata l’anticima est e alle 10.30 raggiungo il grosso pilone in pietra del Monte Armetta (m. 1739). Bel panorama verso il Frontè e il Saccarello, bianchi ma non bianchissimi, verso le Marittime che spuntano alle spalle della cuspide del Pertegà, sul Pizzo d’Ormea e sul Galero.
Al ritorno percorro inizialmente lo stesso itinerario di salita; poi al Colle San Bartolomeo d’Ormea abbandono il crinale e l’Alta Via per attraversare la sottostante conca pascoliva. Infine piacevole discesa, dapprima nella faggeta e poi giù per declivi panoramici, fino al piccolo specchio d’acqua di Madonna del Lago dove alle 12.10 concludo questa bella gita, l’ultima dell’anno 2018.
2 gennaio 2018 - M. DUBASSO e M. ARMETTA da Madonna del Lago
Stefano
Prima gita dell’anno sulle montagne che cingono le spalle di Albenga in una giornata solare caratterizzata da un vento impetuoso e rafficato, soprattutto sul crinale tra il Dubasso e l’Armetta dove era concreto il rischio di finire gambe all'aria.
Parto alle 8.40 dalla località di Madonna del Lago (m. 1008, 3 km sopra il paese di Alto in Val Pennavaira) e mi incammino lungo il bel sentiero segnato con un triangolo rosso che sale tra faggi e pinnacoli rocciosi in un ambiente alquanto aspro e pittoresco. Un po’ di ghiaccio sotto il Dubasso non crea particolari problemi. In compenso la cima (m. 1538, ore 10.15) è spazzata da una tramontana fortissima che quasi mi impedisce di utilizzare la macchina fotografica; mi copro con tutto quello che ho e mi dirigo spedito verso il Colle San Bartolomeo d’Ormea (m. 1439) dove gli abeti e i larici offrono una certa protezione. Al Pian del Colle (m. 1481) una raffica improvvisa mi prende nella schiena e quasi mi butta giù faccia in avanti: i bastoncini sono provvidenziali e riesco a tener saldo l’equilibrio. Poi il vento scema un po’ per ripresentarsi con rinnovato vigore sull’anticima orientale dell’Armetta. Percorro con circospezione il piccolo altipiano sommitale e alle 11.40 raggiungo il bel pilone in pietra (m. 1739). Qui stranamente la tramontana giunge più attenuata mentre la sento ululare furiosa solo poche decine di metri sotto di me e infrangersi contro i roccioni che sbalzano giù verso il Tanaro: sembra il passaggio di un treno in corsa.
Il panorama in compenso è superbo e si distingue nitidamente la Corsica: nitida agli occhi umani, anche ai miei non particolarmente performanti, ma non abbastanza per l’obiettivo della macchina fotografica che non riesce a immortalarla in una foto che sia perlomeno accettabile.
A Cà del Cian incontro una signora che ha rinunciato alla vetta dopo essere stata scaraventata per terra da una raffica; ci salutiamo e prendo la via del ritorno. Al margine inferiore della conca pascoliva che si distende sotto il Colle San Bartolomeo d’Ormea, imbocco la bella mulattiera inizialmente segnata con un triangolo rosso (e, dalle Case Fontane, con un quadrato rosso). Infine, dopo una piacevole discesa dapprima nella faggeta e poi a mezzacosta giù per un declivio panoramico, alle 13.40 faccio ritorno a Madonna del Lago, con il suo ameno specchio d’acqua in parte ghiacciato e l’antico santuario del XVII secolo. Qui niente più vento ma solo il gradevole tepore del sole e una pace e un silenzio che rinfrancano lo spirito.
10 settembre 2017 - M. ARMETTA e M. DELLA GUARDIA dal Colle di Caprauna
Stefano
Oggi vorrei fare un giro sul Mongioie da Viozene, confidando nelle previsioni meteo che danno un netto miglioramento del tempo su tutto il comparto delle Alpi Liguri, con cielo sereno o al più poco nuvoloso fin dalle primissime ore del mattino; grande è quindi la mia sorpresa quando tra Millesimo e Ceva cominciano a cadere le prime gocce; e grandissimo è il mio disappunto quando tra Ceva e Garessio la pioggia si fa battente e il cielo talmente scuro e gonfio che sembra quasi voler schiacciare la terra.
Il Colonnello Baroni, amico e collega del grande Bernacca, sosteneva che “la meteorologia è una scienza inesatta che elabora dati incompleti con metodi discutibili per fornire previsioni inaffidabili”: sarebbe buona cosa che i moderni lor signori previsori del tempo tenessero bene a mente queste parole, e che nei loro categorici e a volte un po’ saccenti bollettini cominciassero a utilizzare il modo condizionale piuttosto che l’indicativo: ne guadagnerebbero in credibilità e anche in simpatia.
Chiusa la parentesi polemica resta il problema di che fare: tornare a casa? proseguire e sperare? La moderna tecnologia, troppo spesso al servizio di mode stupide e diseducanti come i social network, mi viene in soccorso: cerco sullo smartphone la webcam di Monesi (a proposito, onore a chi la tiene ancora in vita dopo tutto ciò che è successo da quelle parti) e scopro che lì il tempo è addirittura discreto. A questo punto la decisione è presa: farò l’Armetta dal Colle di Caprauna, gita senza pretese ma carina; e se piove pazienza.
Sull’escursione in sé non ho molto da relazionare se non segnalare l’ottimo stato dei sentieri e la segnaletica perfettamente curata: ogni bivio è “presidiato” da una palina e le bandierine bianco-rosse dell’Alta Via sono abbondanti e a prova di nebbia.
Un arcobaleno si dispiega all'improvviso sopra la Valle del Tanaro e il tempo sembra volgere al bello ma è un'illusione di breve durata: sopra la Colla Bassa (m. 1574) le nubi si rinserrano e percorro l'ultimo tratto di salita tra folate di vento e nebbie che vanno e che vengono.
Raggiunto il bel pilone in pietra sulla cima dell'Armetta (m. 1739) faccio dietrofront. Un po' d'apprensione nel passare in mezzo alle mucche al pascolo (apprensione non per le mucche ma per i temibili pastori maremmani che, grazie al cielo, non ci sono) e poi tranquilla discesa tra le nubi che mollano un po' la presa e fugaci occhiate di sole.
Superata la Colla Bassa prendo la deviazione a destra per il Monte della Guardia (m. 1654) che presenta pareti vertiginose sul versante del Tanaro.
Infine tranquillo ritorno verso la macchina sotto un cielo che è indiscutibilmente sereno (o al più poco nuvoloso) ma solo sulle cartine dei siti meteo (e guai ad ammettere che ci si è sbagliati).
28 dicembre 2016 - M. DUBASSO e M. ARMETTA da Madonna del Lago
Stefano e Roberto
E' l'alba di una giornata magnifica. Io e Roberto abbiamo appena risalito con la macchina la Val Pennavaira e ora siamo a Madonna del Lago (m. 1008), 3 km sopra il paese di Alto; laggiù in basso si scorge ancora la piana di Albenga mentre davanti a noi, nel cielo dorato del primo mattino, si staglia cupo il profilo del Castell'Ermo.
Eravamo sicuri di non trovare neve, o meglio: a più riprese avevo convinto Roberto, giustamente scettico, che non avremmo trovato neanche un dito di neve. Le mie certezze svaniscono però dopo soli cinque minuti di cammino quando d’improvviso appare il Galero: tutto asciutto non è. Mi assale allora un dubbio angoscioso: non è che tra il Dubasso e l'Armetta sarà tutta neve? Perchè noi siamo sprovvisti di tutto: niente ciaspole, niente ramponi; io poi non ho neanche i bastoncini!
Appena entriamo nel bosco mi procuro subito due bastoni di legno che peseranno almeno come cinque paia dei miei bastoncini, ma pazienza; ora sono più tranquillo. Intanto il sole illumina e riscalda questo pittoresco angolo di montagna coperto di faggi e punteggiato da una selva di pinnacoli rocciosi. Il sentiero che stiamo seguendo, perfettamente segnato con un triangolo rosso, attraversa con un percorso suggestivo la testata del Vallone del Rio Croso. Mano a mano che ci avviciniamo al ciglione dell'altipiano sommitale, il terreno si fa via via più ripido e anche la neve fa la sua comparsa; non molta ma sufficiente a rendere faticosi gli ultimi metri di salita.
La prima cima della giornata (Monte Dubasso, m. 1538) è smarcata ma siamo dubbiosi sul fatto di poter raggiungere anche la seconda; da qui all'Armetta la copertura nevosa è pressochè continua e se la neve, che adesso è ancora dura, dovesse mollare saremmo costretti a rinunciare. Non ci resta che accelerare il passo e cercare di arrivare in vetta il prima possibile.
Scendiamo quindi di gran carriera al Colle San Bartolomeo d’Ormea (m. 1439) e risaliamo lungo il tracciato dell’Alta Via fino al grande ripiano di Cà del Cian (o Casa del Piano, m. 1481). Una vecchia traccia di ciaspole ci risparmia un supplemento di fatica perché all’interno delle impronte la neve è bella pressata; le due pertiche di legno che mi sto portando appresso sono tanto utili quanto pesanti e ingombranti al punto che comincio a essere stanco più di braccia che di gambe.
Dopo Cà del Cian riprendiamo a salire per sbucare sulla dorsale di spartiacque Pennavaira-Tanaro appena sotto l’anticima orientale dell’Armetta. Ormai manca poco, possiamo finalmente rilassarci e goderci il paesaggio; al di là della conca appare il piloncino in pietra che sorge sulla vetta (m. 1739).
Il panorama, complice la giornata fantastica, ripaga della fatica; sul fondovalle Tanaro si distende Ormea mentre il fiume, che tanti danni ha arrecato lo scorso novembre, sfila adesso placido e innocuo verso l’abitato di Garessio. Il crinale tra il Colle del Prione e il Monte Galero sembra tutto sgombro di neve e di questo terrò conto per la prossima gita che mi piacerebbe fare proprio sul Galero. A ovest, tra la Pertegà e le propaggini meridionali del Marguareis, si ha una vista d’infilata dell’Argentera attraverso il varco del Colle dei Signori.
Pranziamo sotto la cima su delle rocce affioranti; non c’è una bava d’aria, soltanto il piacevole tepore di un bel sole caldo sotto il quale dormiresti per ore. Già all’inizio della discesa la neve comincia a cedere: siamo arrivati sull’Armetta appena in tempo. Attraversiamo il pianoro di Cà del Cian sprofondando a ogni passo ma ormai il più è fatto.
Sotto il Colle San Bartolomeo il manto si assottiglia repentinamente anche se dobbiamo ancora prestare un po’ di attenzione alle insidie dei buchi nascosti: per due volte Roberto sprofonda di colpo rimanendo intrappolato all’altezza del ginocchio. Al margine inferiore della grande conca pascoliva che si distende sotto il colle, invece di seguire la monotona strada sterrata imbocchiamo una mulattiera di cui ignoravamo l’esistenza, segnata anche questa con un triangolo rosso verniciato di recente. Dopo un bellissimo percorso all’interno della faggeta e successivamente su terreno scoperto, ritroviamo la sterrata molto più in basso, poco sopra le Case Fontane (m. 1161). Presso queste antiche cascine inizia l’ultimo tratto di sentiero, ora segnato con un quadrato rosso, che offre ampi scorci panoramici verso il Castell’Ermo e verso il mare di Albenga e che termina sulle sponde del piccolo specchio d’acqua di Madonna del Lago, dove si trovano un’antica chiesa risalente al 1600 e il santuario di fine Ottocento.
In conclusione è stato proprio una bel giro che ci ha lasciato soddisfatti; la neve, inaspettata, ha dato un tocco d’inverno al paesaggio e ha impreziosito la gita rendendola un po’ più faticosa ma molto più appagante.
6 gennaio 2016 - M. ARMETTA dalla Colla di San Bernardo d’Armo (Col di Nava)
Stefano
Quando arrivo con l’auto alla Colla di San Bernardo d’Armo (m. 1056), si è appena dissolta la bruma leggera e sottile che fino a pochi minuti prima avvolgeva come un lenzuolo tutto il crinale dal Nava al Caprauna.
Un buon sentiero non segnato entra a sinistra nella pineta e risale la Costa di Monte Ariolo raggiungendone in breve la sommità (m. 1223). Qui, fino alla fine degli anni trenta, era dislocata una batteria a protezione del fianco sinistro del campo trincerato di Nava. Quest’ultimo, realizzato tra il 1880 e il 1888 e costituito da cinque forti posti a cavallo della strada nazionale, sbarrava la via del Piemonte a un’eventuale risalita di truppe francesi provenienti da Oneglia.
Dal Monte Ariolo il sentiero prosegue chiaro e ben marcato lungo il filo di spartiacque con scorci pittoreschi sulla Val Tanarello. Il sole fatica a scaldare l’aria e una gelida brezza settentrionale acuisce di parecchio la sensazione di freddo. La bruma mattutina si è cristallizzata lasciando sul terreno un velo di galaverna che dona al paesaggio un tocco di magia. Sopra le punte dei rami ghiacciati si scorgono i gradoni calcarei che cingono l’ombroso versante nord-occidentale dell’Armetta.
Il sentiero inizia adesso a scendere, dapprima dolcemente e poi sempre più ripidamente, fino a giungere al Bocchino di Semola (m. 1104), piccola insellatura dello spartiacque tra il Monte Ariolo e il Bric Castagnino. Qui transita la rotabile sterrata che collega la Colla di San Bernardo d’Armo al Passo di Prale e sulla quale passa l’Alta Via.
Un’erta rampa prativa si innalza dalla parte opposta e termina sull’arrotondato cocuzzolo erboso del Bric Castagnino (m. 1215). Nonostante la quota sia relativamente modesta, il panorama che si presenta dal pianoro sommitale è tuttavia notevole e spazia dal gruppo del Frontè-Saccarello, alle cime dell’alta Val Tanaro, al Bric di Conoia e all’Armetta.
Come sulle montagne russe, scendo un’altra volta per risalire ancora fino a due grandi pale eoliche situate poco sotto la provinciale di Caprauna (Passo di Prale, m. 1258).
Percorro un breve tratto di strada asfaltata in direzione del Colle di Caprauna e poi svolto a sinistra sul tracciato dell’Alta Via che sale in forte pendenza all’interno di un bel lariceto. Il sentiero rimonta le pendici meridionali del Monte della Guardia offrendo splendide visuali sulle montagne dell’alta Val Tanaro e sullo spartiacque alpino dal Prale al Frontè. Più in alto l’Alta Via si sposta sul versante orientale del Monte della Guardia e, con un diagonale a mezzacosta tra giovani conifere e poi su terreno scoperto, raggiunge in discesa la depressione della Colla Bassa (m. 1574).
Infine dolce salita tra le vaste praterie dell’altipiano sommitale fino al bel pilone in pietra che marca la cima dell’Armetta (m. 1739).
Bel panorama a levante sull’imponente e solitario Galero e, volgendo lo sguardo progressivamente verso nord, sul profondo solco del Tanaro, su Ormea e sul Pizzo appena imbiancato da una spolverata di neve.
Al ritorno ripercorro lo stesso itinerario fino al Passo di Prale dove abbandono il movimentato crinale per seguire a sinistra la comoda sterrata per San Bernardo d’Armo (segni bianco-rossi dell’Alta Via). La rotabile taglia in moderata discesa il versante meridionale del Bric Castagnino e infine, con un mezzacosta pianeggiante, il versante sud-orientale del Monte Ariolo.
Dalla Chiesetta di San Bernardo d’Armo posso vedere gran parte dell’itinerario fatto oggi: è stata una bella gita, varia e panoramica, che con un po’ di neve sarebbe risultata ancora più bella. Purtroppo quest’inverno sembra volercela negare.
1 febbraio 2015 - M. ARMETTA da Madonna del Lago
Stefano
Oggi gita al Monte Armetta dove pensavo di trovare molta più neve: addirittura sulla cima non ce n’era, probabilmente spazzata via dal forte vento che ha soffiato nei giorni scorsi. Da Madonna del Lago (m. 1008, 3 km sopra Alto in Val Pennavaira) non si riesce a scorgere direttamente l’Armetta ma i pendii spogli del Galero mi convincono a lasciare le ciaspole in macchina: e faccio bene, considerato che me le sarei portate dietro per niente.
Mi incammino così lungo il sentiero che parte dalle sponde del laghetto, oggi parzialmente gelato, e presso le antiche cascine di Fontane (m. 1161) incontro la strada sterrata che sale al Colle San Bartolomeo d’Ormea. Poco più in alto trovo la prima neve, non più di un palmo e fortunatamente non ghiacciata: i ramponi che prudentemente ho portato con me rimangono chiusi nello zaino. Nell’ampia conca pascoliva tra i monti Pesauto e Dubasso la neve si è ammucchiata dentro le pieghe del terreno e bisogna prestare bene attenzione a non metterci i piedi dentro perchè altrimenti si sprofonda di colpo fino al ginocchio.
Al Colle San Bartolomeo d’Ormea (m. 1439) svolto a sinistra e seguendo il tracciato dell’Alta Via giungo in breve al grande pianoro di Cà del Cian (o Casa Pian del Colle, m. 1481); anche qui pochissima neve.
Sotto un sole splendente che non riesce però a scaldare l’aria, proseguo lungo l’Alta Via sbucando sul crinale di spartiacque Pennavaira-Tanaro in prossimità dell’anticima orientale. Attraversata la conca prativa completamente spoglia di neve, raggiungo infine il bel pilone in pietra posto sulla sommità dell’Armetta (m. 1739).
Mille metri più in basso corre il fondovalle Tanaro con il paese di Ormea raccolto proprio sotto la cima e sovrastato a settentrione dalla dorsale Pizzo-Antoroto scarsamente innevata; bei panorami si aprono verso il Monte Galero e verso la non lontana conca di Garessio.
In discesa seguo fedelmente lo stesso percorso e presso il piccolo specchio d’acqua di Madonna del Lago concludo questa bella escursione. Le previsioni danno neve per la prossima settimana, non si capisce ancora se tanta o poca: una bella mano di bianco a questi monti non guasterebbe affatto.
22 febbraio 2014 - M. ARMETTA da Madonna del Lago
Stefano
Dopo tanta e tanta pioggia ecco finalmente una stupenda giornata di sole. Non sono mai stato sull’Armetta con le ciaspole e oggi mi è venuta voglia di provarci partendo da Madonna del Lago (m. 1008). In realtà nutro qualche dubbio sulle effettive condizioni di innevamento della zona e soprattutto temo di portar le ciaspole per niente.
A Madonna del Lago (3 km sopra il paese di Alto in Val Pennavaira) è tutto asciutto, il sole già scalda l’aria e si respira un’atmosfera primaverile. Dal basso non si riesce a scorgere il crinale e così parto con le ciaspole sullo zaino senza sapere quando e se le potrò usare.
Fortunatamente i miei timori svaniscono poco sopra le cascine di Fontane e a quota 1277 inizia una copertura nevosa pressochè uniforme. La neve è bella dura e la salita risulta piacevole e rilassante.
Al Colle San Bartolomeo d’Ormea (m. 1439) svolto a sinistra e seguendo l’Alta Via raggiungo in breve il grande pianoro di Cà del Cian (o Casa Pian del Colle, m. 1481) ricoperto da un abbondante manto nevoso. Sotto un bel sole caldo risalgo i dolci pendii esposti a mezzogiorno fino a sbucare sulla cresta in prossimità dell’anticima orientale dell’Armetta: scavalco l’anticima e con una breve discesa mi porto sul fondo di una conca. Un’ultima rampa conduce infine al bel pilone in pietra posto sulla vetta (m. 1739).
La giornata è fantastica e non c’è una bava d’aria. Il cartello di legno con la scritta “Monte Armetta” è praticamente sepolto dalla neve.
Nel fondovalle a nord, mille metri più in basso, si distende l’abitato di Ormea mentre nel cielo limpido si staglia la dorsale tra il Pizzo e l’Antoroto. A oriente il corso del Tanaro sfila verso la piana di Garessio per poi piegare a nord e dirigersi su Ceva. Tantissima neve sulle Liguri dal gruppo del Saccarello, al massiccio del Marguareis, fino alle falde dell’Antoroto.
In discesa seguo più o meno fedelmente lo stesso percorso: il manto nevoso comincia a cedere un po’ ma per il momento non si sprofonda. Antiche baite di pastori punteggiano la conca pascoliva tra i monti Pesauto e Dubasso.
Tolte le ciaspole percorro un tratto di sterrata fino alle case di Fontane (m. 1161). Infine imbocco il sentiero che scende direttamente fino al piccolo specchio d’acqua di Madonna del Lago dove concludo questa bella gita.
6 giugno 2013 - M. DUBASSO e M. ARMETTA da Madonna del Lago
Claudio, Elio, Lodovico, Renato, Chiara, Cesare D., Cesare C., Paolo, Leo, Gianni, Franca
Oggi abbiamo in programma il Dubasso e l'Armetta. Il tempo, nonostante qualche incertezza nelle previsioni, è bello.
Lasciamo le macchine a Madonna del Lago e cominciamo la nostra escursione seguendo il triangolo rosso.
Per prima cosa interrogo due signori che hanno uno strano armamentario. Il gigantesco teleobiettivo serve per fotografare gli uccelli, la parabola per catturarne i suoni.
Risaliamo il vallone del Rio Croso lasciandoci alle spalle i pinnacoli rocciosi della Rocca Battaglina. Sullo sfondo appare il Galero.
Attraversata la pietraia la ripida salita sta per terminare. Tra i cespugli di rododendri spuntano timidi i primissimi fiori.
Dalla cima del Dubasso vediamo le nuvole che fanno capolino dalla catena delle Alpi Liguri (ore 10,30).
Tra le praterie costellate di rocce scendiamo al Colle San Bartolomeo dove pascola una mandria di mucche sui prati a ridosso della bella foresta di abeti.
Il cartello "Cimitero napoleonico" al Colle San Bartolomeo è un grande rebus: non siamo mai riusciti a trovarne traccia.
Ora risaliamo verso Ovest, costeggiamo l'abetaia e superiamo la bella conca prativa di Pian del Colle con la vecchia casa ormai abbandonata (Cà du Cian). Qualche difficoltà con la segnaletica ma il percorso non crea particolari problemi. Elio comunque individua una palina dell'Alta Via che ci permette di tornare sul sentiero segnato.
Le nuvole hanno coperto il cielo e, in vetta, dopo aver mangiato, cadono le prime gocce di pioggia. Claudio, incaricato delle foto, riesce con fatica a tenere il gruppo unito per scattare con la sua macchina, con la mia e con quella di Lodovico. Poi, fuggi fuggi generale (ore 13).
E' in queste occasioni che si notano la previdenza e l'organizzazione: dagli zaini spuntano mantelle e coprizaini. Io ho lasciato l'ombrellino in macchina (questa mattina splendeva il sole!) e mantelle non ne porto. Anche se sono leggere per me pesano troppo e poi mi fanno inciampare.
A onor del vero la mia preoccupazione è solo per la macchina fotografica che riparo sotto la felpa e la giacca a vento. Il tempo di arrivare a Cà du Cian e già la pioggia ha smesso di cadere. I prati sono fioriti di primule.
Al Colle San Bartolomeo seguiamo il quadrato rosso, prima su sterrata e poi sul sentiero con lo sfondo del mare e del Castell'Ermo.
Ore 15,15: Madonna del Lago. Nonostante la pioggia di questi mesi nel laghetto c'è poca acqua e sulla superficie galleggiano le alghe. Ma è limpida e ci si specchiano gli alberi.
Dietro l'antica costruzione spunta una tettoia: è della locanda che è stata appena ristrutturata, giusto in tempo per la grande festa della prima domenica di luglio con la tradizionale processione dei Cristi.
21 aprile 2013 - M. ARMETTA dalla Madonna Guarneri (Caprauna)
Veloce passeggiata mattutina al Monte Armetta in una giornata di tempo perturbato.
Grazie alla particolare configurazione orografica del territorio, quando le correnti si dispongono da nord-est in un contesto ciclonico (tramontana scura), il tratto di crinale tra il Saccarello e l’Armetta rimane protetto dalla dorsale Marguareis-Antoroto: e così stamattina, mentre le montagne a nord del Tanaro erano nascoste nella nebbia, sull’Armetta le nuvole viaggiavano alte accompagnate da fugaci occhiate di sole.
Sono partito dal cartello in legno con l’indicazione per la Madonna Guarneri (mt. 1200 circa) poco sopra Caprauna e in breve ho raggiunto la cappella (mt. 1265) che risale al XIII secolo.
Attraversata la strada pastorale ho proseguito su terreno scoperto in direzione della Colla Bassa: nel frattempo si scatenava un’improvvisa bufera di graupel (piccole palline di neve) accompagnata da folate di vento gelido. Fortunatamente l’inaspettata “nevicata” cessava di colpo alcuni minuti dopo lasciando il posto a un timido sole.
Alla Colla Bassa (mt. 1574), sullo spartiacque Pennavaira-Tanaro, ho svoltato a destra e ho imboccato l’Alta Via in direzione nord. Nonostante l’esposizione non certo favorevole, grossi nevai resistono ancora sull’ampia dorsale prativa che conduce all’Armetta (mt. 1739).
Breve sosta sulla cima spazzata da una fredda tramontana e poi giù veloce lungo l’itinerario di salita. Poco sotto la Colla Bassa ho preso la deviazione a destra per il Rifugio Pian dell’Arma (mt. 1350).
Il rifugio, completamente ristrutturato, si trova sotto la barricata rocciosa della Rocca dell'Arma ai piedi del Monte della Guardia: una buona sterrata lo collega alla sottostante provinciale mentre un sentiero segnato con tacche bianco-rosse (Via Alpina) scende al paese di Caprauna. Io ho seguito quest’ultimo fino al punto in cui si incrocia la strada asfaltata: da qui al cartello in legno per la Madonna Guarneri sono solo pochi minuti di cammino.
Post scriptum: sto scrivendo questa relazione dal letto, con fortissimi dolori alla schiena e al costato ad ogni piccolo movimento: ieri sera, mentre pedalavo in bici da corsa, mi sono scontrato frontalmente con un’auto che ha invaso la mia corsia per effettuare una svolta. Poteva andare meglio, poteva andarmi peggio. Ad ogni modo, spero di tornare in montagna nel più breve tempo possibile.
25 aprile 2011 -
M. ARMETTA dal Colle di Caprauna
Stefano e Chiara
Pasquetta di tempo incerto: cielo livido, forti venti da nord e stau sui crinali.
Optiamo quindi per una scampagnata breve e sicura.
Il Monte Armetta, unitamente al nodo montuoso del Saccarello, è riparata a settentrione dalla dorsale Antoroto-Marguareis: di conseguenza la sua vetta è sgombra dal caratteristico cappuccio di nubi che invece avvolge le cime del Mongioie, del Pizzo d'Ormea e dell'Antoroto.
Parcheggiamo la macchina al Colle di Caprauna, sullo spartiacque Pennavaira-Arroscia, e ci mettiamo in cammino.
La prima parte del percorso si sviluppa all'interno di un bellissimo lariceto e di giovani boschi di conifere che conferiscono al paesaggio un aspetto decisamente alpino.
Dopo aver costeggiato ad oriente il Monte della Guardia e superata la modesta depressione della Colla Bassa, continuiamo lungo il crinale su terreno scoperto.
In prossimità della vetta il vento riprende a soffiare impetuoso. Purtroppo le nuvole ci negano il panorama verso la prospiciente catena delle Liguri.
Al ritorno seguiamo lo stesso itinerario ed in breve facciamo ritorno alla macchina, giusto in tempo per andare a pranzare nel bel borgo medievale di Ormea.
21 aprile 2011 - M. DUBASSO e M. ARMETTA da Madonna del Lago
Angela, Renato, Paolo, Gianni, Franca, Sara, Franco S.
Il tempo è bello, solo qualche velatura nel cielo. L'aria è fresca.
Partiamo da Madonna del Lago alle 8,30 e seguiamo il sentiero con il triangolo rosso che, attraversato il vallone del Rio Croso, sale lungo le pendici sud ovest del Dubasso. I colori sono quelli della primavera: i faggi e più in quota i larici si vestono di verde tenero.
Alle 10 conquistiamo la prima cima. Breve sosta sul Dubasso e scendiamo verso il colle San Bartolomeo (10.30).
Ora prendiamo il sentiero con il quadrato rosso che dopo aver attraversato il grande prato di Cà del Cian sale più deciso verso l'anticima e infine alla cima dell'Armetta.
Alle 11,30 siamo in vetta: bella la vista sulle Alpi Liguri ancora innevate. Vorremmo fermarci qui ma un vento insistente e fastidioso ci spinge a scendere verso Cà del Cian.
Un'ora di sosta seduti comodamente sui sassi davanti alla casa e alle 13,30 la lasciamo per tornare al colle dove il segnavia del quadrato rosso segue in parte la sterrata.
Alle 15 completiamo l'anello e lasciamo Madonna del Lago e il bel laghetto dove si specchiano le chiome degli alberi.
M.
ARMETTA e M. DUBASSO da Madonna del Lago
19
aprile 2008 - Stefano e Chiara
Dopo
una notte di diluvio il cielo è sereno. Siamo saliti da Madonna
del Lago lungo il Vallone del Rio Croso fino al Dubasso. Dopo la discesa
al Colle S. Bartolomeo d'Ormea, abbiamo ripreso la salita per raggiungere l'Armetta. Da Ca' del Cian all'Armetta abbiamo trovato 20 centimetri di neve
fresca caduta nella notte. Siamo poi scesi a Madonna del Lago lungo
il tracciato normale (quadrato rosso).