14 aprile 2024 - M. RAMA da Pratorotondo
Stefano, Chiara, Alessandro
Dall’inverno all’estate in sole due settimane! Le stranezze del tempo: dieci giorni fa eravamo a sciare a Prato Nevoso con la tuta e i guanti e oggi siamo qui sull’Alta Via vestiti come a giugno. Se non fosse per il vento di mare che ci fa percepire una temperatura più bassa dei 25 gradi reali, saremmo tutti in maglietta e pantaloncini. Sotto gli occhi divertiti del suo compagno di scuola Andrea, presto ad Alessandro un mio pile perché ha dimenticato il suo a casa e così conciato sembra un fraticello.
Pratorotondo è tutto un formicolare di escursionisti che vanno e che vengono, e dobbiamo lasciare l’auto ben prima, più o meno a bordo strada, malamente incastrata tra due faggi. Il verde intenso della primavera non è ancora salito fino a qui - lo farà entro un paio di settimane - ma la giornata luminosa tinge il paesaggio di colori forti e vivaci.
Arrivati sulla vetta del Rama, porto Alessandro e Andrea su un ripido praticello (dove passa la via direttissima) perché vogliono giocare a rotolarsi per terra giù dal pendio: torneranno a Pratorotondo con l’erba nella schiena e anche fin dentro le mutande. Alla sera siamo tutti rossi in faccia come dei peperoni!
3 febbraio 2024 - ROCCA DEL TURNOU e BRIC DAME’ da Pratorotondo
Stefano, Alessandro
Partiamo da Pratorotondo (m. 1108) che stamane ci appare somigliante a un bagnasciuga su cui si infrangono le onde del mare: un mare di nubi oltre il quale emerge - come in un fiordo norvegese - la sponda opposta dalle aspre cime innevate. Sotto Cima Frattin una “ondata” scavalca il crinale e ci travolge. Allora cambiamo programma (volevamo andare al rifugetto di Cima del Pozzo) e ci spostiamo all’interno, oltre la valletta di Prato Ferretto: qui, sulla dorsale secondaria tra il Bric Damè e la Rocca del Turnou, il mare di nubi non può arrivare.
Prendiamo il sentierino che procede verso ovest fino al castelletto roccioso della Rocca del Turnou. Sopra di noi il cielo è limpido, l’aria è quieta e il sole scalda come in primavera; sotto di noi invece un piccolo “tsunami” rompe l’argine dello spartiacque e si riversa in Val d’Orba. Dalla cima sud (m. 1198) ci spostiamo alla vicina cima nord (m. 1191) che offre una bella veduta dei paesi di Vara Inferiore e Vara Superiore e della Rocca della Biscia con i suoi caratteristici spuntoni rocciosi.
Dal Turnou percorriamo a ritroso la dorsale e risaliamo la sommità del Bric Damè (m. 1194) mentre la marea di nubi sopravanza lenta e inarrestabile. Non ci resta che raggiungere il tracciato dell’Alta Via nella prateria sottostante e immergerci nella nebbia che già copre buona parte della pineta: che differenza di temperatura tra il sopra e il sotto! In una manciata di secondi passiamo dal sole radioso e quasi primaverile, dall’azzurro intenso del cielo a una grigia penombra autunnale umida e fredda. In ogni caso tutto è fuorchè inverno. E questo un po' mi dispiace.
10 settembre 2023 - ROCCA DELLA BISCIA da Vara Inferiore (per la via direttissima)
Stefano
Gita avventurosa alla Rocca della Biscia per la “via direttissima” con partenza dal ponte sull’Orba sotto Vara Inferiore (m. 635).
Raggiunta la sommità del Dano su strada asfaltata e scorciatoie, prendo a sinistra un’antica mulattiera delimitata da muretti a secco che procede nella faggeta in leggero saliscendi fino a sbucare su una radura dove si trova un’antica casa. Quindi, con una breve salita nel bosco su tracce di sentiero non sempre evidenti, mi porto alla base della ripida e grande colata di pietre che incide il versante nord-ovest della montagna e che risalgo più o meno integralmente. Invece di tenere una linea retta, a metà dell’ascesa opto per il ramo di sinistra della pietraia finendo in tal modo alla base dei torrioni strapiombanti che sbarrano l’accesso alla vetta.
Inizia ora la parte esplorativa. Supero dapprincipio un muretto roccioso facile e un po’ esposto (difficoltà F); poi, su terreno dirupato ma non pericoloso, mi sposto a destra per imboccare poco più in basso un’ampia cengia erbosa posta sotto una grande parete verticale. Questa cengia mi permette di aggirare lo spigolo della parete: per uscire occorre però affrontare un altro muretto, meno esposto del precedente ma leggermente più impegnativo (F+). La salita prosegue adesso con minori difficoltà (EE/F) attraverso il frastagliato labirinto di pinnacoli che caratterizza il lato occidentale della montagna.
Alle 12 in punto raggiungo l’iconico intaglio attraverso il quale si inquadra Vara Inferiore e pochi minuti dopo metto piede sullo spalto sommitale della Rocca della Biscia (m. 1000 circa), al termine di un percorso davvero tosto e suggestivo.
Al ritorno seguo invece la “normale”: dopo un brevissimo tratto sulla dorsale ricoperta da un intricato boschetto, scendo in direzione sud-est (sempre fuori sentiero) fino a intercettare la mulattiera segnata con il rombo giallo che porta giù al Dano.
Alle 13 faccio infine ritorno alla macchina concludendo - in sole tre ore - questa breve escursione decisamente avventurosa e anche un po’ impegnativa.
8 aprile 2023 - ROCCA DELLA BISCIA dal Dano (per la via direttissima)
Stefano, Roberto
Ritorno sulla Rocca della Biscia a distanza di due settimane, oggi con Roberto e questa volta per la via più diretta: inizialmente lungo il ripido fiume di pietre del versante nord-ovest, poi su terreno dirupato tra i roccioni che “difendono” il lato occidentale della cima.
Partiamo nel primo pomeriggio dalla località Dano (m. 750 circa) presso lo scollinamento della strada che collega Vara Inferiore a Piampaludo e seguiamo un’antica e larga mulattiera, delimitata da muretti a secco, che procede nella faggeta in leggero saliscendi per sbucare poi in una radura dove si trova un’antica casa, proprio sotto la Rocca della Biscia.
Per tracce di sentiero non sempre evidenti, ci innalziamo con decisione nel bosco fino alla base della ripida e grande colata di pietre che scende giù dal versante nord-ovest. Ha inizio ora la parte più avventurosa e più divertente: invece di salire dritti verso la boscaglia sommitale (ripetendo così il percorso che ho effettuato in discesa 14 giorni fa), seguiamo il ramo di sinistra della pietraia avvicinandoci così alla base dei torrioni frastagliati che sembrano sbarrare l’accesso alla vetta. E difatti di qui non si passa; o meglio, si potrebbe anche passare forzando il muretto di rocce che sta sopra le nostre teste: di per sé il passaggio sarebbe anche banale però risulta troppo esposto, almeno per le nostre capacità, e scartiamo senza indugi questa opzione.
Su terreno dirupato - ma mai pericoloso - ci spostiamo allora sulla destra, dove affrontiamo balze rocciose più facili che ci consentono di innalzarci ben al di sopra del fiume di pietre che abbiamo poc’anzi risalito. La nostra ascesa si trasforma piano piano in una piccola esplorazione e ci divertiamo a individuare, passo dopo passo, la via migliore da seguire. Un’ampia cengia ci permette di aggirare uno spigolo oltre il quale si susseguono altri passi di facile arrampicata (difficoltà EE/F); il tutto in un suggestivo labirinto di pinnacoli rocciosi e di scorci panoramici davvero caratteristici.
Finalmente raggiungiamo l’iconico intaglio attraverso il quale si inquadra Vara Inferiore come da una macchina fotografica e poco più in alto troviamo gli ometti di pietre che marcano lo spalto sommitale della Rocca della Biscia (m. 1000 circa). Davvero una bella salita: sarà la “nostra” via direttissima!
Al ritorno invece, dopo pochi minuti di dorsale verso sud dentro un intricato boschetto, scendiamo su agevole terreno scoperto in direzione sud-est fino a intercettare l’importante mulattiera segnata con il rombo giallo che in poco tempo ci riporta giù al Dano. Qui, al cospetto della cima appena salita, concludiamo la nostra piccola escursione, molto ben riuscita e piacevolmente avventurosa.
Abbiamo ancora il tempo per una sosta sulle sponde dell’Orba dove, grazie alla copiosa pioggia di ieri, l’acqua è tornata a scorrere spumeggiante con lo spettro della siccità che - almeno qui in valle - sembra per il momento essersi allontanato.
25 marzo 2023 - ROCCA DELLA BISCIA dal Dano (Vara Inferiore)
Stefano
Divertente esplorazione pomeridiana alla Rocca della Biscia, l’impervia cima rinforzata a nord da cuspidi rocciose frastagliate che dominano il sottostante paese di Vara Inferiore.
Partenza dalla località Dano e tranquilla salita per la bella mulattiera segnata con il rombo giallo. A quota 900 metri circa, nel brevissimo tratto in cui si esce momentaneamente dal bosco, abbandono il segnavia e procedo sulla destra fuori sentiero in direzione nord-est fino a raggiungere la sommità dell’ampia dorsale che collega il crinale di spartiacque alla Rocca della Biscia. Quest’ultima è ormai vicinissima, appena celata da un boschetto di faggi i cui rami spogli lasciano intravedere lo spalto roccioso (m. 1000 circa) che vigila attentamente sulle case di Vara Inferiore. Una grande apertura tra due torrioni, perfettamente visibile da Vara, conferisce alla Rocca della Biscia quel vago alone di inaccessibilità - un po’ esagerato - che tiene lontana la maggioranza degli escursionisti: e in effetti anch’io prima d’oggi non mi ci ero ancora avventurato.
Ma se la salita dal versante del rombo giallo è comoda e intuitiva, lo stesso non può dirsi per la discesa che ho in mente di fare: avevo già adocchiato su Google Earth il gigantesco “fiume di pietre” che cola giù a nord-ovest per uno scosceso canalone e adesso che lo vedo dall’alto mi sembra ancora più arcigno di quanto immaginavo, davvero perfetto per una vera “esplorazione” della montagna. Piano piano, con la dovuta circospezione, arrivo giù in fondo: bellissimo!
Sotto il margine inferiore della pietraia il bosco scende ancora abbastanza ripido ma ormai l’ambiente si è addomesticato e in breve sbuco su una radura - finalmente sul piano! - proprio ai piedi della rocca. Qui intercetto un’antica mulattiera con il muretto a secco ben conservato e tra dolci saliscendi nella faggeta concludo questo giretto avventuroso che in futuro mi piacerebbe ripetere, magari facendolo nel verso opposto.
10 aprile 2022 - M. RAMA da Vara Inferiore
Stefano
Bel giro ad anello in una splendida giornata fredda e tersa. Lasciata la macchina presso il ponte sull’Orba sotto Vara Inferiore (m. 635, ore 8.30), seguo il quadrato giallo lungo la sterrata della Bucastrella e lungo le numerose scorciatoie che conducono a ridosso del crinale. L’aria è cristallina e le deboli, sporadiche precipitazioni dei giorni passati hanno restituito un minimo di dignità e di colore all’arco alpino occidentale.
Dall’intaglio del Passo Pian di Lerca (m. 1034, ore 10) mi affaccio a osservare il mare; poi seguo sulla destra le bandierine bianco-rosse dell’Alta Via rudemente accarezzato - o lievemente infastidito, non saprei dire - da una tramontana gelida e per nulla primaverile.
Proprio di fronte al rifugetto in pietra di Cima del Pozzo (m. 1103), una palina nuova fiammante segnala l’inizio del sentiero (inaugurato lo scorso anno) che porta alla Fonte Spinsu (m. 935) e che costituisce quindi un raccordo ufficiale tra l’Alta Via e il percorso della “A rossa”. Questo nuovo itinerario scende in diagonale con pendenza costante e mai eccessiva attraverso prati, boschetti e caratteristici “fiumi di pietre”.
Raggiunta la “A rossa” (ore 10.50), oltrepasso la ex casermetta della Milizia Forestale (Casa Carbunea) e proseguo per la suggestiva mulattiera che taglia a mezzacosta gli speroni rocciosi e i canali del Rama, fino a incrociare il pallino rosso della “Via Diretta” proveniente da Lerca. Scorci pittoreschi tipicamente liguri mi accompagnano su questa ripida e calda salita, riparata dal vento e battuta dal sole, con il panorama che si dispiega nitido dalla catena delle Alpi e si dissolve a levante sulle vette delle Apuane.
In cima al Rama (m. 1148, ore 11.45) incontro casualmente il mio collega Davide. Essendo io tutto sudato e soffiando di nuovo prepotente la tramontana, prendo in fretta la strada del ritorno: colle sud del Bric Resonau (m. 1091), Piano del Bric Damè (m. 1160) e discesa verso il Dano seguendo il rombo giallo. La mulattiera è attualmente in perfette condizioni dopo i recenti lavori di ripristino di più di cinquanta canalette trasversali per lo scolo dell’acqua.
Raggiunta la strada del Dano, proseguo in discesa su asfalto fino al ponte sull’Orba (ore 13.50) dove termino questa bella gita, oggi perfettamente lecita giacchè da dieci giorni è nuovamente consentito - bontà loro - camminare per sentieri. Di peste suina e di fesserie a contorno non si parla più: avvenimenti assai più gravi e forieri di conseguenze imprevedibili monopolizzano ora l’attenzione di tutti.
26 marzo 2022 - CIMA FONTANACCIA da Pratorotondo
Stefano, Alessandro
Io e Alessandro abbiamo anticipato di una settimana la riapertura dei sentieri godendoci un bel pomeriggio di sole sull’Alta Via. Purtroppo le nuove “disposizioni di biosicurezza per il contrasto alla Peste Suina Africana” non sono ancora uscite e verranno approvate qualche giorno dopo la nostra escursione, esattamente il primo di aprile (guarda a caso ...). Così al termine della nostra “attività outdoor” (povera lingua italiana!) non abbiamo effettuato il cambio delle calzature che sarebbero state da riporre in un robusto sacchetto di plastica; a casa ho lavato gli scarponi banalmente con l’acqua fredda e non con acqua calda e sapone; e soprattutto non li ho disinfettati con una soluzione al 2-3% di ipoclorito di sodio. Spero solo di non avere qualche suino sulla coscienza.
Alessandro zampetta nel bosco con spensierata inconsapevolezza. E’ inutile che gli stia a spiegare che è vietato andare per sentieri e che è permesso soltanto passeggiare sulle strade asfaltate dove notoriamente i cinghiali non si avventurano mai; e che, con la nostra escursione, potremmo appestare qualche porcilaia della Val Padana: non lo capirebbe mai. E’ tutto arzillo e pimpante e riesce a scattarmi una foto praticamente perfetta, senza mutilarmi i piedi e senza far scempio della legge di gravità.
Decidiamo di salire sulla Fontanaccia perché Alessandro non c’è ancora stato; e soprattutto perché si devono usare un po’ le mani e allora c’è “avventura”, come dice lui. Sfoglia incuriosito il quaderno di vetta sul quale lasciamo il ricordo della passeggiata e il marchio indelebile della nostra indisciplina.
Più che la peste preoccupa la siccità: sono quasi quattro mesi che non piove o nevica e ormai è quasi impossibile trovare fango, men che meno pozzanghere; solo la fonte di Casa della Miniera riesce a dare ancora un filo d’acqua.
Diciamo che tra Covid perseverante, autostrade allo sfascio, code infernali, carburante a peso d’oro, bollette stellari, rischio di una terza guerra mondiale, non è propriamente un periodo esaltante: almeno che ci lascino camminare sui nostri monti in santa pace!
8 gennaio 2022 - M. RAMA da Pratorotondo
Stefano, Roberto
Ci incamminiamo io e Roberto da Pratorotondo (m. 1108) alle 9.15, nell’aria pungente di una bella mattinata invernale e percorriamo l’Alta Via, a tratti coperta da lastroni di ghiaccio, fino al Piano del Bric Damè e più oltre fino al Riparo di Cima del Pozzo (m. 1103, ore 10.40).
Qui una palina segnaletica gialla fiammante indica l’inizio del nuovo itinerario di raccordo tra il crinale e la Fonte Spinsu, presso Casa Carbunea. Questo sentiero che era quasi scomparso, divorato dalla vegetazione, è stato recentemente recuperato e perfettamente ripristinato dal CAI di Arenzano e discende in diagonale, con pendenza moderata e costante, l’assolato pendio che si affaccia sul selvaggio vallone del Rio Lerca.
Alla Fonte Spinsu (m. 935) incrociamo la grande mulattiera segnata con la A rossa in campo bianco che, oltrepassata l’ex casermetta della Milizia Forestale (Casa Carbunea), inizia il suo tormentato e spettacolare aggiramento a mezzacosta dei contrafforti del Rama. Alcuni angoli particolarmente aspri e scoscesi ricordano un po’ i paesaggi alpini delle Liguri con le loro imponenti bastionate calcaree.
Al passo Camulà (m. 790, ore 12) abbandoniamo la mulattiera che scende verso Lerca e Sciarborasca e attacchiamo la Direttissima del Monte Rama sotto un magnifico cielo “d’alta montagna” e un sole radioso che riscalda questa salita ripida e spettacolare. Le tacche rosse si susseguono con regolarità e si inisinuano con un sapiente zigzag in questo dedalo di rocce mentre all’orizzonte si schiude tutto d’un tratto il panorama della catena alpina. Un passo alla volta ci avviciniamo al culmine dell’ascesa e alle 12.55 sbuchiamo in vetta al Rama (m. 1148), dove la croce abbattuta fino a soli pochi giorni fa è già stata prontamente riposizionata.
Rispetto a quando siam partiti, la tramontana è adesso decisamente rinforzata e ci gela la faccia. Sullo sfondo di levante, discretamente innevata, si staglia la catena dall’Ebro all’Antola mentre assai più lontane si intravedono di sfuggita le cime imbiancate dell’Appennino Tosco-Emiliano.
Il ritorno a Pratorotondo è breve ma, essendo tutto un percorso di crinale, la parte destra del nostro corpo esposta al vento viene costantemente percossa da raffiche sempre più gelide e insistenti. Alle 14 in punto concludiamo a Pratorotondo questa bella gita, con il nuovo tratto di sentiero tra Cima del Pozzo e Fonte Spinsu che ci ha permesso di disegnare un anello molto vario e divertente in uno degli angoli più suggestivi del Parco del Beigua.
Post Scriptum di lunedi 17 gennaio 2022. E’ di venerdi scorso la notizia che i ministeri delle politiche agricole e della salute, per contrastare la cosiddetta peste suina, abbiano emesso di comune accordo un’ordinanza che vieta qualsiasi attività all’aperto su tutti i sentieri di buona parte delle province di Genova, di Savona e di Alessandria: pressappoco un grande quadrilatero - di tirannica e asburgica memoria - piantato nel cuore dell’Appennino Ligure tra Albisola, l’Acquese, la Val Curone e il Golfo Paradiso. Una faccenda del genere, fino a qualche anno fa, non sarebbe stata buona neppure per un pesce d’aprile: troppo inverosimile, chi mai ci avrebbe creduto! Oggi, di fronte a una così sfacciata compressione delle libertà individuali, si piega la testa o al più si strepita su Facebook: e ciò mi lascia francamente stupefatto.
30 dicembre 2021 - M. RAMA da Pratorotondo
Stefano
Fine anno con l’alta pressione e con temperature nettamente al di sopra della media: appena sceso di macchina a Pratorotondo (m. 1108, ore 9) vengo accolto da una tramontana mite e asciutta che accarezza il crinale sotto un cielo appannato e che rende l’atmosfera trasparente sopra il velo di foschia disteso sul mare. Il profilo frastagliato delle Apuane e quello dentellato della Corsica sono ben netti sopra la linea dell’orizzonte.
A testimonianza di un abbozzo di inverno che a inizio mese c’è stato, resistono sull’Alta Via alcune eroiche chiazze di neve e, in lontananza, il bianco mantello delle Liguri non più candido e già parecchio stinto.
Al colle sud del Bric Resonau (m. 1091) prendo il sentiero proveniente da Sciarborasca segnato con il rombo rosso e lo seguo in discesa dapprima su terreno bello asciutto, poi via via più umido al diminuire della quota; e infine abbondantemente bagnato e sdrucciolevole nell’incassato vallone del Rio Scorza. Percorro con la giusta cautela l’ultimo ripido tratto di mulattiera che porta al guado (m. 410) e, abbandonato il rombo rosso un centinaio di metri dopo il ruscello, svolto seccamente sulla sinistra per imboccare il primo settore (o parte bassa) della Via Direttissima al Monte Rama (ore 11.20).
Questo itinerario è stato ripulito di recente dai volontari con un gran lavoro di sfalcio e di taglio degli arbusti, e si presenta ora in eccellenti condizioni di percorribilità. Poco sotto il Passo Camulà (m. 790) si intercetta il pallino rosso proveniente da Lerca e lo si segue per una manciata di minuti fino al passo, dove si stacca sulla sinistra il secondo settore (o parte alta) della Direttissima: le tacche rosse sono state appena riverniciate da Andrea Parodi che nel 2009 ideò e segnò questa via d’accesso al Rama alternativa e spettacolare (EE).
Dopo una decisa impennata iniziale e un traverso diagonale tra i pini, il tracciato si porta al centro di un solco chiamato “Canale di Rama” che incide tutto il versante meridionale della montagna. Superata una facile balza con l’aiuto delle mani, salgo per ripidissime chine erbose, cengette e gradini rocciosi in un ambiente selvaggio e suggestivo. La via non presentà alcuna difficoltà alpinistica ma richiede spesso l’uso delle mani ed è assolutamente sconsigliabile col terreno bagnato. Notevole è il panorama; e notevole è anche il caldo che mi attanaglia durante tutta l’ascesa: è il 30 dicembre, sono in maniche corte, eppure sono fradicio di sudore; addirittura ho i pantaloni inzuppati. Fortunatamente sul Rama (m. 1148, ore 12.35) la tramontana è tiepida altrimenti sarebbe stato un bel problema difendermi dal freddo. Una delle due croci di vetta risulta divelta alla base e abbattuta da una lato ma non saprei dire se sia stato l’atto barbaro di un disgraziato o la furia naturale degli elementi. Genova è laggiù, schiacciata tra il mare e le pieghe dell’Appennino, con il suo inseparabile lembo di maccaja che è un po’ come la coperta per Linus.
Il ritorno a Pratorotondo è una piacevole passeggiata con scorci panoramici da ambo i lati: mi accorgo solo oggi che scendendo per la dorsale del Rama, poco prima di incontrare l’Alta Via, si inquadra di infilata il Rocciamelone. Alle 13.30 arrivo alla macchina e aprendo la portiera scopro con fastidio che l’interno scotta per il sole, proprio come in estate; e così tra Pratorotondo e Tiglieto finisco di sudare tutto quel poco che ancora non avevo sudato.
6 novembre 2021 - CIMA FONTANACCIA da Vara Inferiore
Stefano, Roberto
Tipica giornata di autunno inoltrato, gelida e brumosa in bassa valle al primo mattino, più asciutta e ventosa sui crinali; anche se - a esser pignoli - oggi sui crinali non c’era semplicemente il vento ma la tempesta!
Partiamo da Vara Inferiore (m. 672) alle 8.30 e seguiamo la strada asfaltata per il Dano, abbondantemente brinata e ricoperta da uno sdrucciolevole tappeto di foglie ingiallite. Fa freddo e l’umidità ci penetra come aghi nelle ossa. La mulattiera segnata con il rombo giallo che sale al Piano del Bric Damè, e che immaginavamo di trovare più o meno rovinata dall’alluvione dello scorso 4 ottobre, si trova invece in perfette condizioni: non solo è stato eseguito lo sfalcio dell’erba e il taglio dei rami invadenti, ma sono state ripristinate più di cinquanta canalette trasversali in pietra per lo scolo dell’acqua.
Il poco calore corporeo che riusciamo a immagazzinare durante la salita lo cediamo subitaneamente non appena, usciti dal bosco, veniamo investiti da raffiche di tramontana violentissime. Il sole smunto di novembre scompare e riappare tra le nubi radenti e sfilacciate che risalgono di gran carriera le pendici nord dell’appennino per dissolversi poi nell’azzurro del cielo non appena oltrepassano la linea di spartiacque. Dal colle sud del Bric Resonau alla Cima Fontanaccia lottiamo costantemente contro il vento che vorrebbe scaraventarci per terra (e con me che sono leggero quasi ci riesce). Io ho le gambe surgelate mentre Roberto, nonostante le moffole, patisce terribilmente il freddo alle mani.
In vetta (m. 1153, ore 10.50) - in precario equilibrio! - stiamo giusto il tempo necessario a scattare due o tre foto; poi via a gambe levate, e con il vento in poppa, verso il Prato Ferretto dove, protetti dal Bric Damè e dalla Rocca del Turnou, possiamo finalmente tirare il fiato e rilassarci.
La discesa su Piampaludo (crocetta gialla) ci ripaga con coloratissimi scorci autunnali. Il giallo e l’arancio delle chiome degli alberi ci accompagnano anche lungo la strada del Dan e poi giù a sinistra fino al grande prato del Rostiolo (base scout). Qui ci fermiamo un attimo a mangiare un boccone. Fa sempre freddo: nonostante il cielo si sia rasserenato la tramontana non concede tregua inchiodando la temperatura su valori poco distanti dallo zero.
Oltrepassata l’Orba sopra il ponte sospeso, risaliamo infine a Vara Inferiore dove alle 14 in punto, dopo 5 ore e mezza di cammino pressochè ininterrotto, concludiamo questo bel percorso ad anello. Per le condizioni meteo parecchio severe e per lo sviluppo chilometrico di quasi 20 km, quella di oggi non è stata indubbiamente una tranquilla passeggiata.
4 giugno 2021 - CIMA FONTANACCIA da Vara Inferiore
Stefano
Bella mattinata di inizio estate con tempo asciutto e non troppo caldo. Partito da Vara Inferiore (m. 672) alle 7.45, raggiungo le prime case del Dano seguendo l’asfalto anziché la mulattiera. Il rombo giallo è stato deviato su questo tratto di strada da circa un anno, da quando cioè è stata chiusa perché non più sicura - e con ogni probabilità definitivamente - la passerella pedonale in ferro sull’Orba.
La salita nel fresco del bosco verso le praterie del crinale è piacevole e abbastanza spedita. Incrociate le bandierine bianco-rosse dell’Alta Via al Piano del Bric Damè, le seguo in discesa nella pineta fino a sbucare sopra il piccolo altipiano del Prato Ferretto, dal cui bordo orientale si stacca netta e decisa la dorsale del Rama. L’aria è abbastanza limpida e si distinguono nitide le imbarcazioni che solcano lo specchio di mare antistante la costa tra Celle e Noli.
Dal sentiero che porta al Rama, sul versante a mare della dorsale, si stacca una traccia esile ma sufficientemente marcata che sale fino alla base di grandi spuntoni rocciosi; queste rocce vengono aggirate fin sul lato che guarda a nord-est dove un breve e facile canalino (difficoltà EE) permette di accedere alla Cima Fontanaccia (m. 1153, ore 10); in vetta è presente una curiosa croce colorata di rosso e scolpita su di un sasso tondeggiante.
A rigor di logica, sopravanzando il Rama di pochi metri, la Fontanaccia dovrebbe essere considerata la sommità principale del massiccio e il Monte Rama, più modestamente, il suo sperone o anticima orientale.
Dopo una breve sosta mi incammino sulla via del ritorno e al Prato Ferretto prendo sulla destra il sentiero segnato con una crocetta gialla che conduce giù a Piampaludo.
Per la prima volta in vita mia riesco vedere il Lago della Biscia con l’acqua dentro! Questa non vuole essere una battuta, visto che si tratta di una zona umida dal fondo quasi sempre fangoso che pomposamente viene chiamata lago; la presenza dell’acqua è la dimostrazione tangibile di come la trascorsa primavera sia stata prodiga di precipitazioni. Molta acqua è presente nei ruscelli che intersecano la mulattiera nel suo tragitto fino alle Case Buschiazzi di Piampaludo (m. 857, ore 12).
Presso il campo da calcio imbocco la strada asfaltata del Dano e la percorro fino alla deviazione che conduce alla Base Scout del Rostiolo; al Rostiolo una bella vipera, in ozio sotto un tappeto d’erba tagliata ma non ancora raccolta e bruciata dal sole, si scuote rapida e si allontana in cerca di nascondiglio sotto un grande abete a lato della casa. Non mi resta che attraversare l’Orba sopra il ponte sospeso (che c'è da quando sono nato e che ho sempre chiamato “il ponte traballante”) e risalire ripidamente a Vara dove alle 13 in punto concludo questo bello e non brevissimo anello.
27 febbraio 2021 - M. RAMA da Pratorotondo
Stefano, Chiara, Alessandro
Ultimo fine settimana di un febbraio molto mite (se si esclude la brevissima ondata gelida a metà mese) che ha fatto da contraltare a un dicembre e a un gennaio indiscutibilmente freddi e nevosi.
Nel primissimo pomeriggio di sabato saliamo in macchina a Pratorotondo per portare Alessandro sul Rama. Il tempo è buono ma non buonissimo, nel senso che non ci sono nuvole ma neanche panorama: tira infatti una tramontana tesa e “sporca”, non fredda ma carica di foschia, comunque fastidiosa. Al riparo dal vento si sta bene, fa quasi caldo; ma quando si esce allo scoperto occorre coprirsi bene perché l’aria ti entra dappertutto. Un grosso nevaio sul versante del mare è la palese testimonianza che le stagioni esistono ancora, gli inverni pure, e che la fine del mondo può ancora aspettare.
Alessandro è attratto dai cartelli, siano essi paline dell’Alta Via o pannelli esplicativi del Parco del Beigua: si ferma, ci chiama e si fa leggere tutto quello che c’è scritto. Al colle sud del Bric Resonau vuole sapere tutto: dove si va a sinistra, dove si arriva se si prende il sentiero che scende giù dritto, dove è il Monte Rama ... “Che bel posto!”, esclama soddisfatto. Già, come dargli torto? Peccato solo che la foschia limiti grandemente il panorama ma Alessandro non sembra curarsene: gli interessa soltanto sapere quanto manca ancora alla cima perché gli abbiamo promesso che sul Rama può mangiare merendina e cioccolata. “Siamo quasi arrivati”, gli ripeto per la decima volta. “Vedi il boschetto lassù in punta? Dietro agli alberi c’è la croce” (in realtà le croci sono due).
In vetta vorrebbe giocare a nascondino. “Qui non si può”, gli diciamo. “Ci sono rocce dappertutto, è pericoloso. Piuttosto andiamo a fare due scivolate sul nevaio di Casa della Miniera”. La neve gli piace. Quest’inverno ne ha vista tanta per parecchie settimane di fila e quasi tutti i giorni usciva fuori a giocarci. Ci cammina sopra disinvolto e se scivola si mette a ridere.
Per effetto della “zona arancione” sono pochissime le persone incrociate oggi sull’Alta Via e pochissime le macchine anche a Pratorotondo. Se un anno fa, esattamente in questo periodo, il sentimento più diffuso era l’angoscia ma anche la volontà di uscirne al più presto, adesso sono la rassegnazione e un senso generale di scoramento a dominare lo spirito della gente. La lotta al virus è come la guerra del ‘15: è una guerra di posizione, di pazienza, di logoramento, di offensive sterili e inconcludenti; e la fine appare ancora molto lontana.
5 luglio 2020 - M. RAMA da Piampaludo
Stefano
Salita dolce e graduale che si sviluppa per buona parte tra le faggete e le pieghe del versante nord del massiccio del Beigua. Circa una decina di anni fa questo itinerario era diventato quasi impercorribile per i massicci lavori di disboscamento che avevano sconvolto la parte bassa e trasformato la mulattiera in una pista fangosa degna del fronte greco-albanese. Con il tempo le ferite ambientali si sono rimarginate e adesso questo sentiero, gestito direttamente dall’Ente Parco che ne cura lo sfalcio e il defrascamento, è a mio avviso uno dei meglio tenuti della zona.
La partenza è dal negozio di alimentari in località Buschiazzi di Piampaludo (m. 872, ore 7.50) anche se in realtà il segnavia (una crocetta gialla) inizia ufficialmente un po’ prima, presso l’antico nucleo di case che si raccoglie attorno alla chiesa parrocchiale. Si segue inizialmente una stradina asfaltata che procede in direzione est fino alla località La Costa (m. 870) dove, sulla sinistra, si stacca la mulattiera. Dopo un primo tratto di discesa si entra nel bosco e superato un ruscello si prosegue all’ombra di bellissimi faggi raggiungendo l’isolata Ca’ della Majulla (m. 844). La mulattiera, sfalciata di recente e ben ripulita dalle frasche, sale con gradualità all’interno di una valletta ricca d’acqua che piega progressivamente a oriente per incunearsi più in alto tra la Rocca del Turnou (a sinistra) e la Cima Frattin (a destra).
Trascurata la deviazione a destra per la Torbiera del Laione (tre pallini gialli), si esce allo scoperto presso un caratteristico “fiume di pietre” nel vallone superiore del Rio Ferretto. Oggi il clima è perfetto con caldo moderato e nessuna sensazione d’afa. Tra le praterie cosparse di massi e accarezzate da un filo di tramontana, si snoda il bellissimo sentiero, davvero piacevole da percorrere, mentre al di là della vasta conca pianeggiante del Prato Ferretto fanno la loro comparsa le antenne del Monte Beigua.
Alle 10 in punto raggiungo le bandierine bianco-rosse dell’Alta Via che corrono sul ciglio meridionale di questo piccolo altipiano. I fianchi del Bric Damè sono tutti una distesa di fioriture e di prati ancora verdissimi (cosa non affatto consueta in luglio) mentre il cocuzzolo roccioso del Bric Resonau, sul quale spicca la bella croce di vetta, chiude a oriente questo singolare fazzoletto di appennino posto praticamente “in riva al mare”. Da qui al Rama il percorso è ben noto: al crocevia del colle sud del Bric Resonau (m. 1091) si prende a destra per risalire sul filo di cresta i primi contrafforti. La gobba dello Sciguelo con le Alpi appena accennate sullo sfondo, il mare con Varazze e Savona, l’ampia dorsale di spartiacque che prosegue verso il Reixa, la vista quasi vertiginosa su Sciarborasca e Cogoleto mi accompagnano in questa breve cavalcata di crinale che si conclude alle 10.30 sulla vetta del Monte Rama (m. 1148). Genova sembra ancora sonnecchiare sotto un velo di foschia.
La crocetta gialla mi guiderà anche al ritorno, alla base delle pendici della Rocca del Tournou, attraverso i guadi dei corsi d’acqua che confluiscono nella valle del Rostiolo e, passando per Ca’ della Majulla, fino ai Buschiazzi di Piampaludo (ore 12.20).
Non è un itinerario molto frequentato nonostante la cura perfetta del sentiero e l’ottima e abbondante segnaletica: tra qui e il Prato Ferretto, sia in salita che in discesa, ho incontrato solo un signore con due bei cagnoni che sguazzavano allegramente nella pozza di un ruscello (sul crinale, invece, il solito viavai di persone e un po’ di escursionisti verso il Rama). Una bella gita.
27 aprile 2019 - BRIC DAME’ da Vara Inferiore
Stefano
Bel giro ad anello in un luminoso pomeriggio di sole con partenza e arrivo dal ponte sull’Orba (m. 635) sotto Vara Inferiore.
Veloce salita lungo la sterrata della Bucastrella e poi lungo le numerose scorciatoie nel bosco, con belle vedute sulle “due Vare” (quella Superiore e quella Inferiore). Il verde di primavera avanza a grandi falcate verso il crinale dove l’erba tenera e nuova rimpiazza quella stopposa reduce dalla fredda stagione (quest’anno non troppo fredda).
Al Passo Pian di Lerca (m. 1034) svolto a destra e seguo le bandierine bianco-rosse dell’Alta Via passando per la Cima del Pozzo (m. 1103), per l’omonimo rifugetto e giungendo infine al Piano del Bric Damè (m. 1160). Qui abbandono il sentiero segnato che scende giù nella pineta e salgo in breve alla Madonnina del Bric Damè (m. 1194), eccellente punto panoramico che offre ampie vedute sulla costiera del Rama, su Genova e sulla Riviera di Ponente fino a Capo Mele.
Discesa verso Vara seguendo il rombo giallo lungo l’antica mulattiera che porta giù al Dano e che negli ultimi anni sembra addirittura essere migliorata. In conclusione un bel pomeriggio sui monti di casa con molti escursionisti incrociati sull’Alta Via e su sentieri perfettamente in ordine e sempre ben segnati.
21 ottobre 2018 - M. RAMA da Pratorotondo
Stefano
Gita sui monti di casa in una bella giornata fin troppo calda per la stagione in corso.
Parto da Pratorotondo (m. 1110) "incendiato" dai primi raggi di sole (ore 8.30) e percorro l'Alta Via fino al colle sud del Bric Resonau (m. 1091).
Dal colle inizio la discesa nel vallone del Rio di Lerca seguendo il sentiero segnato con due lineette rosse che offre scorci spettacolari, direi quasi alpini, del Monte Rama. Purtroppo la mulattiera, dalla Case Carbunea in giù, versa in uno stato di totale abbandono: i segnavia sono ancora sufficientemente chiari ma in alcuni tratti è "divorata" dalla vegetazione; il fondo estremamente sconnesso è disseminato di pietre mobili e, nonostante la scrupolosa attenzione a dove mettevo i piedi, non sono riuscito a evitarmi una bella storta alla caviglia.
Tanto brutta è stata la discesa, tanto bella sarà la salita che imbocco a quota 295 (ore 10.40) e che viene comunemente chiamata "via diretta" al Rama. La mulattiera, a tratti lastricata e in più punti sorretta da muri a secco, rimonta a mezzacosta il fianco occidentale del Bric Camulà con l'imponente piramide del Rama che si staglia nell'azzurro di questa calda giornata autunnale.
Al Passo Camulà (m. 790) abbandono il pallino rosso e imbocco la "via direttissima" che risale il cosiddetto Canale di Rama, un solco percorso da uno dei tanti ruscelli che confluiscono nel Rio Scorza e che incide il versante meridionale della montagna. Alcune facili balze rocciose sono direttamente superabili con l'aiuto delle mani (difficoltà EE) oppure aggirabili, dopodichè si prosegue per ripidissime chine erbose e facili gradini rocciosi in un ambiente impervio e suggestivo.
Alle 12.15 metto piede sul Rama (m. 1148), assetato e un po' provato dalla calura, e con la caviglia dolente: non è stata una passeggiata. Pratorotondo è vicino ma oggi mi sembra ancora troppo lontano: non ho acqua e cibo perchè oggi ho avuto la brillante idea di partire leggero e "a secco" e non vedo quindi l'ora di entrare nel rifugio per bere e mangiare qualcosa.
Al colle sud del Bric Resonau chiudo il breve ma faticoso anello e alle 13 in punto faccio ritorno all'auto.
13 ottobre 2018 - BRIC RESONAU da Vara Inferiore
Stefano
Bel giro ad anello sui monti di casa in una mite giornata autunnale, con le prime foglie che danzano nell'aria fino a posarsi al suolo.
Da Vara Inferiore (m. 672, ore 8.20) scendo giù "alle trote" (tanti anni fa, in fondo alla stradina, c'erano due vasche per l'allevamento delle trote), attraverso l'Orba sul ponticello di ferro recentemente rinforzato e salgo al Dano seguendo il rombo giallo.
La mulattiera che porta al crinale attraverso il boscoso versante est della Rocca della Biscia è in buone condizioni e mi sembra addirittura migliore rispetto a qualche anno fa. Inoltre, come è ormai consuetudine sui percorsi gestiti dal Parco del Beigua, nei tratti di sentiero che attraversano zone prative l'erba viene tagliata. Anche i segnavia sono stati rinfrescati di recente e tutto questo dà un senso di cura del territorio che può solo far piacere.
Nubi basse sospinte dal grecale mi accolgono all'uscita dal bosco al Piano del Bric Damè (m. 1160) ma è una nebbia passeggera: già dopo la pineta il cielo è nuovamente azzurro; solo le alture di spartiacque tengono un po' di "cappello" in testa. Qui intorno è una moltitudine di piccole cime, di "bricchi", di cocuzzoli rocciosi: il Bric Damè, la Rocca del Turnou, lo Sciguelo, la Cima Frattin, la Cima Fontanaccia, il Rama, il Bric Resonau; c'è solo l'imbarazzo della scelta.
Alla fine scelgo il Bric Resonau (m. 1146, ore 10), di soli due metri più basso del Rama e sul quale sono salito soltanto una volta sei anni fa. La croce di vetta vigila sul piccolo altipiano di Prato Ferretto e sul sottostante tracciato dell'Alta Via: in una guerra di posizione come quella del 15-18 (di cui il 4 novembre ricorre il centenario della vittoria), intere brigate si sarebbero fracassate sulle rocce di questo modesto cocuzzolo. A proposito di rocce: oggi sono bagnate e sdrucciolevoli, e luccicano al sole come coperte da un sottile strato di ghiaccio trasparente. Per tornare giù devo scendere a "quattro zampe" perchè a camminare sopra i massi senza tenersi con le mani si rischia di volare per aria. Dal colletto sottostante (m. 1091) il Bric Resonau presenta il lato più selvaggio e pittoresco.
Al ritorno, dopo un breve tratto di Alta Via, prendo il sentiero per Piampaludo che scende a destra nella conca di Prato Ferretto e che è segnato con una crocetta gialla. I primi colori dell'autunno si accendono sotto un sole in verità oggi un po' scialbo. Anche questo sentiero è molto bello, soprattutto nella parte conclusiva dove attraversa una magnifica faggeta.
Alle 11.30 sbuco a Piampaludo presso il campo da calcio (m. 857); non mi resta che imboccare la stradina asfaltata del Dano (alcune scorciatoie permettono di accorciarne un po' il percorso) e deviare poi giù a sinistra fino al campo scout del Rostiolo sulla sponda sinistra dell'Orba sotto Vara Inferiore; infine attraversare l'Orba sul "ponte traballante" (che c'è da quando ero piccolo e che ho sempre chiamato così) e risalire su a Vara dove, alle 12.30, concludo questo piacevolissimo anello.
12 novembre 2016 - ROCCA DEL TURNOU dal Laione (Piampaludo)
Stefano
La Rocca del Turnou è una sommità tondeggiante di forma allungata facente parte della breve dorsale che si stacca dal crinale di spartiacque presso il Bric Damè e che procede in direzione sud-est/nord-ovest fino ad affacciarsi sull’alto corso dell’Orba. Ricoperta di erba e di rocce, è costituita da due cime, la sud e la nord, che sfiorano i 1200 metri di altitudine.
Sulla Rocca del Turnou non arrivano sentieri e per questo motivo è assai poco frequentata, quasi sconosciuta; è più facile trovarvi un cercatore di funghi che un escursionista. Il suo fianco sud-occidentale digrada ripido verso il margine inferiore della conca pascoliva di Prato Ferretto che si distende tra il Bric dell’Ombra, la Cima Frattin, il Bric Damè e, appunto, la Rocca del Turnou. Questo versante, punteggiato di spuntoni rocciosi, risulta solcato al centro da una sorta di ampio canale che, visto da lontano (per esempio dal Beigua), appare come un corridoio naturale di accesso alla cima; ed è proprio questa possibile via di salita che oggi voglio esplorare.
Non avendo molto tempo a disposizione salgo in macchina fin sopra Piampaludo e posteggio lungo la strada per Pratorotondo presso l’inizio del “Sentiero Archeologico” (m. 991, palina e pannello informativo), alcune centinaia di metri prima della Torbiera del Laione. La giornata è splendida e fa decisamente freddo: a San Pietro d’Olba il termometro dell’auto segnava -2 gradi.
Il “Sentiero Archeologico” è un percorso ad anello allestito dal Parco ed è dedicato alle incisioni rupestri; lungo il tracciato si incontrano cinque calchi che riproducono alcune tra le rocce incise trovate e catalogate nella zona del Beigua. Fino alla Casa del Che (m. 981) si seguono i tre pallini gialli dell’itinerario F.I.E. Laione-Lago della Biscia; poi si svolta a destra e si percorre una sterrata immersa nella faggeta che sbuca, poco più in alto, sulla strada asfaltata del Beigua.
A questo punto il “Sentiero Archeologico” fa ritorno alla torbiera seguendo l’asfalto; io invece attraverso la strada e salgo alla soprastante Casa di Cian du Ni dove incontro il “Sentiero Natura” che, con un bel percorso nel bosco, raggiunge l’Alta Via a monte di Pratorotondo.
Le paline di fronte al rifugio (m. 1108) indicano l’inizio (o la conclusione) di uno dei tratti di Alta Via più spettacolari della Liguria, quello che porta al Passo del Faiallo. Io abbandono quasi subito le bandierine bianco-rosse per seguire fedelmente lo spartiacque che sale verso la Cima Frattin. Al di là dello Sciguelo il panorama si allarga sul Golfo di Vado e sulla Riviera delle Palme fino al Capo Mele. Dalla parte opposta si distende il piccolo e suggestivo altipiano di Prato Ferretto da cui si stacca l’aspra costiera della Cima Fontanaccia e del Monte Rama.
Dopo la Cima Frattin (m. 1145) ha inizio il tratto di gita fuori sentiero. Trascuro subito una labile traccia che riporta sull’Alta Via e scendo a nord puntando dritto verso la Rocca del Turnou. Attraversate le ultime propaggini del Prato Ferretto alla testata del Valle del Rostiolo, risalgo dalla parte opposta tra erba e massi in direzione del canale che solca il versante sud-occidentale della Rocca del Turnou. Mi sposto quindi a sinistra del canale dove il terreno è più agevole e dopo una ripida salita tra lastroni di roccia inclinati sbuco sulla Cima Sud (m. 1198) che è la più alta delle due punte; il Rosa e il Cervino si stagliano nitidi all’orizzonte.
Mi sposto poi sulla vicina Cima Nord (m. 1191) che offre un panorama eccezionale sull’alta Val d’Orba (con al centro il paese di Vara Inferiore), sul sottostante altipiano di Piampaludo e sulla cerchia alpina. A est si distendono le vaste faggete che ricoprono i dolci versanti settentrionali del Reixa e della Rocca Vaccaria mentre sullo sfondo si scorgono le montagne dell’Aveto.
Al ritorno seguirò una linea perfettamente retta che mi porterà dapprima ad attraversare due “fiumi di pietre” sul fondo della conca, a contornare poi le pendici sud-orientali del boscoso Bric dell’Ombra e a intercettare infine la strada asfaltata cinquecento metri a valle di Pratorotondo nei pressi di un’altana per l’avvistamento dei rapaci.
Dopo un chilometro di discesa su asfalto imbocco a destra il “Sentiero Archeologico” raggiungendo in breve la Casa del Che. Ancora una ventina di minuti nel bel bosco di faggi e infine faccio ritorno alla macchina concludendo così questo bel giretto esplorativo in un angolo ancora selvaggio e appartato del Parco del Beigua.
25 settembre 2016 - M. ARGENTEA e M. RAMA da Vara Inferiore
Stefano
Oggi bella sgambata sui monti di casa in una giornata mite e soleggiata. Lascio la macchina sotto Vara Inferiore presso il ponte sull’Orba (m. 635) e mi incammino lungo la strada sterrata della Bucastrella che sale a svolte tra faggi e radure; le scorciatoie che più in alto tagliano i tornanti sono in ottimo stato, perfettamente pulite e ben segnate (con un quadrato giallo).
Abbandonata la sterrata, si entra nella conca del Rio Custi per risalire poi le vaste praterie che conducono al crinale. La manutenzione dell’itinerario, gestita del Parco del Beigua, è particolarmente curata ed è quanto meno insolito trovare un sentiero con l’erba tagliata.
Al Passo Pian di Lerca (m. 1034) svolto a sinistra e percorro un breve tratto di Alta Via fino alla Cima Pian di Lerca (m. 1090) dove si trova il Rifugio Argentea. Il cocuzzolo sommitale del Monte Argentea si trova a una quota leggermente inferiore rispetto a quella del rifugio ed è raggiungibile in pochi minuti seguendo un sentierino e poi una ripida traccia (segnavia: un quadrato giallo e un triangolo rosso) che sbuca direttamente sulla vetta (m. 1082).
Begli scorci panoramici sulla Rocca Negra, sulla Rocca da Ciappa e sul Bric Camulà.
Un comodo sentiero (segnavia: tre pallini rossi), anche questo con l’erba ben tagliata, scende alla Collettassa (m. 932) alle pendici meridionali dell’Argentea, da dove si può ammirare il selvaggio versante orientale del Monte Rama.
Alla Collettassa imbocco sulla destra l’antica mulattiera di mezzacosta (segnavia: una A rossa in campo bianco) che collega l’alta Val Lerone con l’alto Vallone del Rio di Lerca e che presenta, in più tratti, muretti a secco di sostegno perfettamente conservati.
Il Rifugio Padre Rino (ex Casa Leveasso, m. 903) è ancora immerso nell’ombra, sovrastato dal Monte Argentea. “La casa fu costruita intorno al 1895 da Tognu u Bregiè, un contadino di Campo, che nella bella stagione portava lassù le pecore. Inizialmente nota come “Ca’ du Bregiè” o “Ca’ du Tognu”, fu chiamata in seguito “Casa Leveasso”, perché intorno c’erano molte lepri. Nel 1935 fu acquistata dal Corpo Forestale dello Stato e completamente ristrutturata. Fu utilizzata dalla Forestale fino al 1950, poi fu abbandonata e andò in parte in rovina. È stata infine recuperata nel corso degli anni Ottanta, da volontari del CAI di Arenzano in collaborazione con il Comune di Arenzano e la Comunità Montana Argentéa. La vecchia casa è stata così trasformata in rifugio, dedicato a Padre Rino, frate carmelitano socio del CAI di Arenzano, caduto il 12 luglio 1987 nel corso di una scalata sul Grand Combin, in Valle d’Aosta” (fonte: Andrea Parodi - “Vette e sentieri del Béigua Geopark”, Parodi Editore).
Sopra il rifugio prendo sulla sinistra la mulattiera segnata con la A rossa che taglia a mezzacosta la testata del Vallone del Rio di Lerca con andamento pressochè pianeggiante; dopo recenti lavori di defrascamento che l’hanno ripulita dalla vegetazione invadente risulta ora comodamente percorribile.
Dopo aver incrociato l’itinerario proveniente da Arenzano (segnavia: due linee rosse) ed essere passato dalla Casa Carbunea (ex casa della Milizia Forestale, m. 943), proseguo sull’antica mulattiera, a tratti lastricata, che risale il versante nord-orientale del Monte Rama (segnavia: A rossa). Quando incontro il pallino rosso della “via diretta”, svolto a destra e seguo l’esile traccia che rimonta l’impervio versante orientale della montagna tra roccette e ripidi pendii erbosi. Al termine di una salita faticosa sbuco finalmente sulla vetta del Rama (m. 1148) dove sorgono due croci in ferro; al di là del Vallone del Rio Lerca spicca la cima trapezoidale dell’Argentea.
Al ritorno seguo il sentiero segnato con il rombo giallo che scende lungo la dorsale occidentale e raggiungo l’Alta Via dei Monti Liguri al colle sud del Bric Resonau (m. 1091). Pini marittimi deformati dal vento ornano questo pittoresco tratto di spartiacque che si eleva sopra i mille metri di quota a meno di sei chilometri in linea d’aria dal mare.
Al Piano del Bric Damè (m. 1060) abbandono l’Alta Via e inizio la discesa su Vara Inferiore seguendo il rombo giallo; anche questo sentiero, come i precedenti, è perfettamente curato dall’Ente Parco.
In località Dano incontro la strada asfaltata che collega Vara Inferiore a Piampaludo; non mi resta che percorrerla in discesa fino al ponte sull’Orba e concludere così questa piacevole camminata.
28 luglio 2015 – ROCCA DEL TURNOU dal Dano (Vara Inferiore)
Gianni, Franca
La finestra del soggiorno di Vara è una cornice intorno alla Rocca del Turnou. Il suo versante nord, visto da qui, ha una sua imponenza: scosceso, aspro, selvaggio. Dalle praterie dell’Alta Via invece è un cocuzzolo roccioso protetto da una barriera di faggi nani e, ai margini, di noccioli. E’ deciso, andiamo lì.
In una limpida mattina di cielo terso e aria frizzante lasciamo la macchina al Dano e ci mettiamo in cammino (ore 8,40) sul sentiero del rombo giallo che sale al Rama.
Memori del terribile caldo dei giorni scorsi temiamo una giornata torrida e nello zaino abbiamo diverse bottigliette d’acqua. Invece il mare ci regala le solite nubi che salgono e poi stancamente vanno a riposarsi sui crinali. Gianni mi mette fretta, dobbiamo arrivare prima della nebbia.
Il sentiero è tenuto in perfetto ordine dal Parco del Beigua, l’erba e i rami che ad ogni stagione diventano più invadenti sono tagliati di fresco. Ci accorgeremo della grande differenza tra poco quando, giunti sull’Alta Via, abbandoneremo il rombo giallo e tra l’erba alta saliremo al vicinissimo Bric Damè dove la targa sotto la Madonnina, nuova e già stinta, è stata ridipinta. Nel cielo intanto si stanno affollando le nuvole.
Ora attraversiamo la prateria disseminata di massi in direzione ovest, facendo attenzione alle buche nascoste tra i lunghi steli ingialliti. Quando incontriamo il bosco, fitto e con i rami bassi e contorti, ci facciamo strada curvandoci. Aldilà del bosco grandi massi.
In un attimo sono sull’elevazione sud della Rocca del Turnou e poi, incitata da Gianni e dalla nebbia che avanza, sulla nord (ore 11). Un masso, niente di più, dal quale riconosciamo laggiù in basso la finestra del soggiorno di Vara che a casa gli fa da cornice. Fotografiamo la bandierina del CAI ULE di Sestri che festeggia il suo 90° e torniamo sui nostri passi.
Rocca del Turnou cima sud, prateria, Bric Damè e poi, ormai senza fretta, lungo il rombo giallo che scende a Vara. Qui abbiamo modo di notare, nella parte alta, la pulizia fatta al bosco, con i rami tagliati disposti ai margini del sentiero. Alcune fascine sono state raccolte e messe ordinatamente in piedi: mi auguro che a nessuno venga in mente di farne un falò.
Ore 14,15 – Si conclude questa breve ma bella camminata sui monti che sovrastano Vara e la Valle dell’Orba. 9 i chilometri percorsi, circa 500 metri il dislivello.
10 febbraio 2015 - BRIC DAME' e CIMA DEL POZZO da Piampaludo
Stefano
Dopo tre giorni di nevicate pressochè ininterrotte, questo è lo spettacolo che mi si presentava alla finestra di casa domenica mattina: peccato solo che io ero malato. Che nervoso e quale dispiacere! Per tutta la giornata ho cercato di guardar fuori il meno possibile; poi fortunatamente sono guarito e il lunedi sono andato a lavorare. Martedi ho preso ferie: condizioni così perfette di innevamento e di tempo bello sono oggettivamente effimere quassù e vanno colte al volo.
La giornata si preannuncia splendida. Salgo in macchina a Piampaludo e posteggio presso l’acquedotto poco prima della Torbiera del Laione (m. 991): da qui a Pratorotondo, infatti, la strada non viene più pulita.
Ciaspole ai piedi mi incammino lungo il solco invitante di una traccia ben marcata e seguendo la strada abbondantemente innevata raggiungo il Rifugio Pratorotondo (m. 1108). La temperatura è salita e non tira una bava d’aria: si sta d’incanto.
Prendo sulla sinistra il percorso dell’Alta Via e, superato il caratteristico intaglio tra le rocce presso la Casa della Miniera, incontro un breve tratto in cui la stradina sterrata scompare completamente sotto il pendio nevoso pressochè uniforme.
Al Prato Ferretto abbandono il crinale e tra immense distese di neve punto direttamente verso la sommità del Bric Damè; varie tracce di ciaspole ne risalgono le assolate e dolci pendici, disegnando ricami su questo immenso altipiano a soli sei chilometri in linea d'aria dal mare. In un ambiente molto suggestivo e tra pittoreschi scorci panoramici raggiungo la piccola Madonnina posta due anni fa sulla cima del Bric Damè (m. 1194) in occasione dei 150 anni del CAI.
Con una brevissima discesa mi porto al Piano del Bric Damè (m. 1160) dove incontro nuovamente le bandierine bianco-rosse provenienti dalla pineta: proseguendo quindi sul percorso dell’Alta Via, scendo al Passo Notua (m. 1065) e risalgo successivamente al piccolo e caratteristico Riparo di Cima del Pozzo (m. 1103).
Un ultimo sguardo al crinale innevato e alla traccia di ciaspole che fila via in direzione del Passo del Faiallo, e poi dietro-front fino al Bric Damè.
Dal Damè in avanti seguo un percorso un po’ diverso e dopo la discesa al Prato Ferretto, invece di riprendere l’Alta Via sul versante a mare, inizio l’aggiramento lato nord della Cima Frattin. Trovo in questa conca la neve più bella di tutta la giornata, abbondante e farinosa: un vero piacere ciaspolarci sopra. Tra belle vedute sul versante sud-occidentale della Rocca del Turnou, raggiungo così la spianata di Pratorotondo da una direzione un po’ inedita; prima di arrivare al rifugio taglio sulla destra e mi infilo nel bosco fino a intercettare la strada per Piampaludo e a ritrovare così la comoda traccia dell’andata.
Infine tranquilla discesa con una brevissima deviazione nel finale alla Torbiera del Laione, oggi meritevole senz’altro di una foto. Al ritorno alla macchina fa quasi caldo ma nonostante ciò la neve non si scioglie e si mantiene integra e asciutta grazie alla bassissima umidità nell’aria: è stata proprio una bella giornata.
19 ottobre 2014 - M. RAMA da Pratorotondo
Stefano
Bel giretto sui monti di casa in una calda giornata d’autunno. Al primo mattino il tempo prometteva bene, con un filo di tramontana a tener pulito il crinale; purtroppo, poco più tardi, la circolazione è cambiata e l’aria umida proveniente dal mare, risalendo rasoterra i ripidi pendii, si è condensata in nebbie vaporose che hanno incappucciato le cime.
Parcheggiata l’auto a Pratorotondo (m. 1108), inizio a scendere verso Sciarborasca lungo la bella mulattiera segnata con un quadrato rosso; le pietre sono bagnate e scivolosissime e in più di un’occasione rischio di finire a gambe all’aria!
Passo dalle Rocche di Vatterasca (m. 960) e, alla sorgente Montebello (m. 750), prendo sulla sinistra l’itinerario segnato con il rombo rosso che, dopo un panoramico traverso sui prati, entra nel selvaggio Vallone del Rio Scorza; il sentiero scende ripido tra pini e arbusti fino a guadare il corso d’acqua rigoglioso e spumeggiante dopo le recenti e abbondanti precipitazioni (m. 410 circa).
Poco oltre, sull’opposto versante, ha inizio il primo settore della Via Direttissima al Monte Rama (segnavia una tacca rossa): in questo tratto si sale lungo il vecchio tracciato dell’acquedotto su di una stretta mulattiera grossolanamente lastricata e parzialmente invasa dalla vegetazione. Più in alto, in prossimità del Passo Camulà, ci si immette sull’itinerario Lerca-Rama (pallino rosso).
Al passo (m. 790), sullo spartiacque tra i valloni del Rio Scorza e del Rio Lerca, ha inizio il secondo settore della Direttissima, quello più ripido e suggestivo: oggi però, con l’erba scivolosa e le rocce bagnate, potrebbe rivelarsi infido e preferisco proseguire in tranquillità lungo il tracciato segnato con il pallino rosso (chiamato, un po’ enfaticamente, la Via Diretta al Rama).
Il sentiero prende quota con una serie di tornantini ben tracciati sull’aspro versante sud-orientale della montagna; brandelli di nebbia salgono velocemente radenti al terreno mentre in lontananza si scorge la cima piatta dell’Argentea ancora sgombra - ma per poco - di nubi.
Sulla vetta del Rama (m. 1148) non tira una bava d’aria e l’umidità è alle stelle: sono sudato fradicio e preferisco proseguire senza fermarmi. Raggiungo l’Alta Via al colle sud del Bric Resonau (m. 1091) e infine, con comodo percorso, faccio ritorno a Pratorotondo affollatissimo di turisti.
31 luglio 2014 – CIMA DEL POZZO e M. RAMA da Vara Inferiore
Gianni, Franca
Tanti anni fa alcuni paesani avevano individuato un punto sull’Alta Via dove sistemare una madonnina che proteggesse la Valle dell’Orba. Infatti le madonnine sull’Argentea e sulla Rocca Vaccaria allargavano le braccia verso la riviera e sembravano disinteressarsi dell’entroterra e anche la chiesetta sul Beigua era rivolta al mare e dava le spalle ai boschi.
Per fare questo avevano allargato il sentiero e da Vara riuscivano a salire con il trattore. In quel punto è stato costruito il Riparo Cima del Pozzo e la madonnina in legno che guarda la valle è stata sistemata sul grande scoglio a fianco della costruzione.
Per anni noi abbiamo utilizzato quella traccia per salire a quello che abbiamo sempre chiamato il “rifugetto”. Poi il bosco è cresciuto, il sentiero si è infrascato sempre di più e da tantissimo tempo ce ne siamo dimenticati.
Ma questa mattina, una mattinata stupenda di cielo limpido e terso che ci era parso un delitto sprecare a casa, mentre salivamo sul sentiero del rombo giallo per il Rama, quando questo sale ripido sotto la Rocca della Biscia, me ne sono ricordata. Il sentiero per il “rifugetto” infatti si stacca da quello con il segnavia e svolta a sinistra infilandosi in un vallone scavato da uno dei tanti rii che si tuffano nell’Orba.
Decidiamo lì per lì di seguire la vecchia mulattiera che una volta conduceva agevolmente a Cima del Pozzo: bene il primo tratto, bene l’attraversamento del “fiume di pietre” ma dopo, quando ci si inoltra nel bosco, tutto sparisce nella vegetazione. Ci teniamo a sinistra e per sparuti lembi di praterie saliamo all’Alta Via in prossimità del riparo.
Il tempo è splendido, la visibilità perfetta, Il gruppo del Rosa si staglia all’orizzonte. Siamo sorpresi quando vediamo le nuvole sul mare.
L’idea di massima è quella di andare al Rama seguendo il sentiero che taglia orizzontalmente la ripida parete sud-est del massiccio (ben visibile da Cima del Pozzo) e la “diretta” che sale dritta fino in cima. Ci spostiamo quindi verso ovest e alla sella tra il Bric Sciue Gianche e il Bric Damè scendiamo tra i pini fino al Colle sud del Bric Resonau dove abbandoniamo l’Alta Via.
Il Rama è davanti a noi e sarebbe facile e veloce salire per cresta. Ma ormai abbiamo deciso: prenderemo il segnavia delle due righe rosse (Lerca-Rama) fino alla Casa Carbunée, anche se così facendo perderemo centocinquanta metri di quota.
Dalla Casa Carbunée (943 m), svoltiamo a destra (sud) seguendo il simbolo della lettera A in rosso su fondo bianco. Muretti in pietra sostengono il sentiero che un tempo doveva essere parecchio trafficato ma ora che nessuno ci passa e la vegetazione è cresciuta senza controllo si è notevolmente ristretto e richiede un minimo di attenzione.
Quando incrociamo la “diretta” abbandoniamo la A rossa in campo bianco e ci inerpichiamo sul ripido pendio marcato con un bollo rosso. Fa caldo, ogni tanto devo prendere fiato. I bastoncini mi impicciano e li metto nello zaino.
A mezzogiorno in punto posso tirare un respiro di sollievo. Sono in vetta (1148 m), … finalmente! Un compatto banco di nuvole bianche nasconde il mare ma i raggi del sole dardeggiano sulla mia testa e mi fanno desiderare l’ombra. Dopo una sosta brevissima scendiamo quindi lungo la cresta e alle 12,30 siamo nuovamente al Colle sud del Bric Resonau.
E ora? Troppo banale risalire la pineta e tornare a Vara sul sentiero del rombo giallo. Troppo banale seguire l’Alta Via fino a Pratorotondo e per asfalto andare a Piampaludo. Ci pare una scelta felice seguire la croce gialla (Piampaludo-Rama) che attraversa Prato Ferretto lasciando Pratorotondo a sinistra.
Lì per lì il sentiero sembra curato. Ma dopo … l’erba alta ci arriva alle ginocchia e la stanchezza si fa sentire. Quando incontriamo una coppia di stranieri, forse americani, che vagano alla ricerca di non so quale segnavia, non riusciamo a pronunciare qualche parola di inglese che possa essere di aiuto.
Dopo aver incrociato il Sentiero Natura attraversiamo una zona di disboscamento selvaggio. Tronchi abbandonati, fascine e piste forestali tracciate dai mezzi pesanti: non ci si capisce niente. Unica riposante pausa la sosta pranzo preso un guado con acqua limpida e fresca.
La scelta di passare di qui è stata sbagliata. Piampaludo sembra irraggiungibile e quando finalmente ci arriviamo (ore 15) siamo “cotti” al punto giusto per farci raccogliere da un furgone che scende in località Dano. Due chilometri risparmiati, sufficienti per non farci sembrare troppo pesante l’ultimo tratto della gita: base scout del Rostiolo e risalita a Vara (ore 15,55).
Gita lunga, faticosa e anche un po’ illogica, ma comunque piacevole e interessante.
25 luglio 2014 - ROCCA DEL TURNOU (Cima Sud e Cima Nord) da Vara Inferiore
Gianni, Franca
Di solito sono mattiniera, molto mattiniera. Ma questa mattina mi sono lasciata vincere dalla tentazione di restare a letto a leggere un bel libro. Fino a che …
Fino a che il cielo azzurro e senza nuvole hanno fatto mormorare a Gianni parole di rimpianto.
Con una giornata così …
A questo punto lascio la penna a lui che, stuzzicato dalla lettura della bella guida di Andrea Parodi Beigua Geopark, ha voluto questa breve gita alla scoperta di bricchi, angoli, pezzetti di storia pressoché sconosciuti in questa Val d’Orba che da tanti anni frequentiamo.
Così siamo stati anche sulla Rocca del Turnou Cima Nord. In questo periodo in cui non sono più salito su cime importanti anche piccoli monti possono dare soddisfazione.
La Rocca del Turnou l’abbiamo sempre vista dalla finestra di casa a Vara ma non sapevamo neppure come si chiamasse. Qualche settimana fa eravamo arrivati alla cima sud ma ora volevo arrivare alla cima nord perché ho letto che da lì si vede Vara.
Siamo partiti tardi, alle 9,15 dal Dano, dove abbiamo lasciato la macchina nella parte più alta.
Abbiamo seguito il rombo giallo che porta al Rama e anche qui abbiamo trovato il sentiero pulito e con l’erba tagliata.
Alle 10,25 abbiamo incrociato il percorso dell’Alta Via. Intanto il cielo si era rannuvolato e folate di nebbia coprivano il crinale.
Velocemente siamo saliti al Bric Damè (10,35) e poco dopo sulla cima sud della Rocca del Turnou.
Poco più a nord l’altra cima è stata raggiunta in un baleno per paura che arrivasse la nebbia a toglierci la possibilità di vedere Vara. Per fortuna così non è stato perché si è aperta una finestra di sereno giusto il tempo di scattare due foto al paesaggio sottostante. Vara e casa nostra erano laggiù, lontane ma ben visibili.
Altrettanto veloce è stato il ritorno sui nostri passi e alle 12,15 all’incrocio con l’Alta Via (al Piano del Bric Damè) ci siamo fermati a mangiare.
Prima di scendere abbiamo fatto una breve puntata al vicinissimo Bric Sciue Gianche dove, a lato del sentiero dell’Alta Via, ci sono alcuni massi sommersi e nascosti dal bosco. Poi abbiamo seguito lo stesso itinerario della salita, compreso l’ultimo tratto sulla vecchia mulattiera delimitata da muretti a secco e ora ben pulita e percorribile, e siamo arrivati alla macchina alle 14,15.
5 luglio 2014 – RIPARO CIMA DEL POZZO, BRIC DAME’ e ROCCA DEL TURNOU da Pratorotondo
Stefano, Gianni, Franca
Quella che doveva essere una passeggiata con Stefano ancora ammaccato dopo la scivolata in bicicletta è diventata una simpatica gita meritevole di entrare nel sito. L’ambiente è quello dell’Alta Via nel Parco del Beigua, spettacolare per chi ancora non lo conosce ma anche per noi che ci siamo di casa.
Alle 7,30 partiamo da Pratorotondo con tempo bello e aria pungente. Qualche instabilità la notiamo osservando a nord batuffoli di nuvolette bianche che sembrano un trenino e a sud una leggera foschia che avvolge il mare ma per il momento il cielo è azzurro e tutto da godere. L’erba fradicia dopo la pioggia di ieri fa prontamente abbandonare a Stefano la mezza idea di andare con le scarpe da ginnastica. Meglio quelle alte se non vuole ritrovarsi con i piedi a bagno dopo i primi passi.
Ci incamminiamo sulla comoda e panoramica sterrata che da Pratorotondo va verso est, superiamo la Casa della Miniera dove la fonte che tre settimane fa sembrava essersi prosciugata e piangeva solo qualche lacrima è tornata generosa, e siamo ai Prati Ferretto. Che fine hanno fatto le mucche? La stagione del pascolo è iniziata da un pezzo eppure … chiederemo in paese il perché di questa insolita assenza.
Il roccioso Bric Resonau si alza sulla prateria, il più massiccio Rama si allunga sul mare e l’Alta Via risale la bella pineta che raggiunge l’ampia sella tra il Bric Damè a sinistra e il Bric Sciue Gianche (Monte Fiori Bianchi) a destra. Noi proseguiamo a destra e ci proponiamo di arrivare a Cima del Pozzo.
E' ancora presto quando arriviamo al piccolo riparo di Cima del Pozzo (ore 9). Sempre in ordine, fascine di legna pronte per la stufa, qualche pentola e padella appese al muro, è il tipo di struttura ideale per questi posti. La Madonnina in legno sistemata sulla roccia a lato del rifugio per proteggere la valle dell’Orba è quasi nascosta da pini noccioli e sorbi. Come dappertutto anche qui la vegetazione è tanto cresciuta da essere riuscita a ingoiare il sentiero che dalla località Dano saliva diretto.
Noi siamo arrivati e facciamo dietrofront ma è sulla via del ritorno che Stefano propone qualche digressione per arricchire la camminata. La prima è quella al Bric Damè. Quando siamo alla sella, anziché scendere attraverso la pineta proseguiamo: Il Bric Damè è vicinissimo e anche senza un sentiero evidente non abbiamo problemi a raggiungerlo.
La circolazione dell’aria è cambiata, nuvole sfilacciate sembra che abbiano fretta di salire dal mare per sistemarsi in alto e dominare il panorama. Mi affretto a raggiungere la cima (ore 9,50) per scattare qualche foto prima che la nebbia l’avvolga e ho la bella sorpresa di trovare una Madonnina inaugurata l’anno scorso in occasione del 150° del CAI.
Scendiamo alla sella in direzione nord ovest. La seconda digressione è per la Rocca del Turnou. Non sono mai salita su questa cima che sfiora i 1200 metri e sulle cartine qualche volta c’è e qualche volta non c’è e che ora, mentre scrivo al tavolino nella casa di Vara, scopro che è sempre stata davanti al mio naso incorniciata dalla finestra.
Sentiero non ce n’è e si va a fiuto, prateria, rocce, boscaglia buia fitta e bassa dove l’unico punto di riferimento è un filo di luce che filtra dall’esterno, ancora prato e rocce. Unica difficoltà l’orientamento. Alle 10,20 siamo in cima.
Per scendere seguiamo a ritroso la traccia registrata dal navigatore e poi puntiamo verso Prato Ferretto tra l’erba alta e i sassi, evitando i tratti paludosi, costeggiando il bel “fiume di pietre” fino a incrociare la crocetta gialla proveniente da Piampaludo e diretta al Rama. Due passi fino alla sterrata dell’Alta Via e poi, sullo stesso percorso dell’andata, siamo di ritorno a Pratorotondo (11,30).
Dieci chilometri scarsi, 350 metri di dislivello, tre ore e mezza di cammino effettivo fatto in tutta tranquillità, un test soddisfacente per Stefano che solo pochi giorni fa zoppicava ancora.
10 novembre 2013 - M. RAMA da Pratorotondo
Stefano
Pensavo di andare nel Cuneese ma al mattino presto, vedendo dalla finestra il profilo del Beigua nel cielo stellato, cambio idea: farò una gita a due passi da casa risparmiando così tempo e denaro. E torno a letto.
Alle 7, quando mi alzo per la seconda volta, il cielo è opaco, coperto da spesse velature: poco male, penso, basta che non ci sia nebbia. E invece, quando con la macchina sbuco a Piampaludo, scopro con orrore che il marino sta ammucchiando nuvole su nuvole contro la dorsale. Ma come, ma non doveva esserci il nord-ovest oggi? Maledetto marino!
D’ora in avanti, però, non avrò più modo di guardare il cielo perchè sarò impegnato a non finire con le ruote dentro le buche e i crateri disseminati lungo la strada. Il tratto di asfalto sopra la Torbiera del Laione è infatti in condizioni miserevoli, sembra bombardato. Come se non bastasse, un trattore uscito proditoriamente dal bosco ha riversato sulla strada una quantità incredibile di terra e di pantano cosicchè, in alcuni punti, sembra di percorrere una vecchia pista fangosa sul fronte greco-albanese del ‘40. Per carità di patria evito ogni tipo di commento (e ce ne sarebbero cose da dire ...) e vado avanti nel racconto.
Parcheggio l’auto a Pratorotondo (mt. 1108) e per sfuggire alla morsa della nebbia scendo verso Sciarborasca lungo la bella mulattiera segnata con un quadrato rosso. Alla sorgente Montebello (mt. 750) prendo sulla sinistra il rombo rosso e, tra timide occhiate di sole, entro nel selvaggio Vallone del Rio Scorza. Il sentiero scende assai ripido tra pini e bassa vegetazione fino a guadare il letto asciutto del torrente.
Poco oltre, sull’opposto versante, ha inizio il primo settore della Via Direttissima al Monte Rama (segnavia una tacca rossa). In questo tratto si sale lungo il tracciato di un acquedotto su di una stretta mulattiera grossolanamente lastricata. Poco sotto il Passo Camulà ci si immette sull’itinerario Lerca-Rama (pallino rosso).
Al passo (mt. 790), sullo spartiacque tra i valloni del Rio Scorza e del Rio Lerca, ha inizio il secondo settore della Direttissima, quello più suggestivo. Le tacche rosse, recentemente riverniciate di fresco, attaccano l’erto costone in un bel boschetto di pini per poi tagliare a mezzacosta sulla sinistra fino al Canale di Rama: questo solco, percorso da uno dei ruscelli che confluiscono nel Rio Scorza, incide tutto il versante meridionale della montagna.
Dopo aver superato una balza rocciosa si prosegue per ripide chine erbose e facili gradini rocciosi in un ambiente aspro e selvaggio. La via non presenta particolari difficoltà ma richiede spesso l'uso delle mani. Nell’ultima parte si passa un po’ più a sinistra rispetto al vecchio tracciato (che avevo percorso due anni fa) evitando così gli scoscesi pendii erbosi sotto la cima che, in caso di terreno bagnato, possono rivelarsi abbastanza insidiosi.
Quando arrivo in vetta al Rama (mt. 1148) il cielo è nuovamente coperto ma si sta bene: non c’è freddo e non tira vento.
Al ritorno raggiungo l’Alta Via al colle sud del Bric Resonau (mt. 1091) e da qui, con comodo percorso, faccio ritorno a Pratorotondo affollatissimo di escursionisti. In conclusione, un altro bel giretto sui monti di casa, vario e divertente. Peccato solo per il meteo non ottimale.
1 novembre 2013 - CIMA FONTANACCIA da Piampaludo (ritorno a Vara Inferiore)
Stefano
La Cima Fontanaccia è un cocuzzolo roccioso, poco battuto dagli escursionisti, che fa da anticima occidentale al Monte Rama. In realtà, a voler essere un po’ pignoli, questa gerarchia andrebbe ribaltata: la Cima Fontanaccia, con i suoi 1153 metri di quota, è infatti la massima elevazione della dorsale che si stacca dal crinale di spartiacque al colle sud del Bric Resonau; il Monte Rama, di poco più basso (mt. 1148), dovrebbe essere invece, a rigor di logica, l’anticima est.
Oggi il tempo, tanto per cambiare, è più brutto che bello: il cielo è coperto, non fa freddo e per fortuna non tira vento.
Parto da Piampaludo (mt. 857) e, poco prima della Torbiera del Laione (mt. 991), imbocco sulla sinistra la mulattiera segnata con tre pallini gialli che, poco prima del Prato Ferretto, si allaccia con l’itinerario Piampaludo-Rama (segnavia croce gialla).
Al colle sud del Bric Resonau (mt. 1091) prendo il sentiero che sale verso il Monte Rama. Ad un certo punto si incontra la deviazione a sinistra per la Cima Fontanaccia (mt. 1153) che si raggiunge dopo aver superato un piccolo gradino roccioso. Peccato per il cielo nuvoloso che ha un po’ rovinato il panorama; per fortuna niente nebbia (e, di questi tempi, c’è già da leccarsi le dita).
Al ritorno percorro un breve tratto di Alta Via salendo nella pineta fino al Piano del Bric Damè (mt. 1160).
Infine tranquilla discesa al Dano (segnavia rombo giallo) e a Vara Inferiore (mt. 672) dove concludo questo bel giretto.
28 dicembre 2012 - BRIC RESONAU e BRIC DAME' da Vara Inferiore
Gianni, Stefano, Franca
Dopo tanti giorni di tempo brutto, oggi a Vara, in alta Valle d'Orba, è tornato l'azzurro. Sembrava il tempo ideale per una bella gita sull'Alta Via ma, appena lasciata l'auto al Passo del Faiallo e raggiunto il crinale, ci ha sorpreso un maestrale impetuoso e rafficato. Giacca a vento e cappuccio non ci riparavano abbastanza dagli schiaffi del vento: così al Reixa ci siamo arresi e abbiamo fatto dietro-front verso il passo per poi tornare in auto giù a Vara. Abbiamo deciso di partire da qui, al riparo del vento, come riparata è gran parte della salita che si sviluppa nel bosco.
Vara Inferiore è il paese dove, da quasi quarant'anni, trascorro le vacanze e questa è l'occasione per scattare qualche foto. La prima è al nuovo cartello che trovo all'ingresso del paese: Lorena, albergatrice di Vara, si è inventata i Varelfi, gli elfi che vivono tra i boschi di Vara e che ci fanno riscoprire le antiche tradizioni. Visto che la nostra gita attraverserà il loro regno oggi li cercheremo tra i faggi, le querce e i ciuffi d'erba.
Scendiamo al ponte "delle trote" che tutti a Vara conosciamo con questo nome perchè qui c'era un allevamento di trote. E' un ponte in ferro che la ruggine sta divorando e che attraversa il fiume Orba.
Risaliamo nel bosco e ci ritroviamo in località Dano. Sugli alberi che costeggiano la strada campeggiano degli enormi rombi gialli. Il sentiero passa infatti davanti alle case e chi abita lì, anzichè chiuderlo o cancellare i segni come purtroppo succede in tanti posti, ha suggerito un valido percorso alternativo e, per essere ben certo che nessuno si sbagli, ha pitturato in gran quantità frecce e segnavia.
Saliamo al riparo del maestrale che ritroviamo di nuovo solo quando raggiungiamo l'Alta Via. Scendiamo tra la pineta e, poco sopra il Prato Ferretto, seguiamo i nuovi segni (due pallini rossi) che salgono tra i massi fin sulla sommità del Bric Resonau.
La neve che era caduta nei primi giorni di dicembre si è sciolta tutta e solo le cime delle Alpi Liguri e Marittime risaltano bianche all'orizzonte. Verso sud il sole basso mi abbaglia e non mi lascia osservare la Corsica che emerge dal mare mentre a ponente si disegna nitida la costa. Dal cocuzzolo del Bric Resonau si ha una bella vista sul Golfo di Genova e sul crinale di spartiacque che corre verso il Passo del Faiallo.
Sul Bric Resonau non c'erano croci. Questa è nuovissima ed è molto bella, in legno come la porticina che protegge il libro di vetta, costruita come un mobile di casa. Sono curiosa di sapere chi ha fatto questo bel lavoro: sulla rete non ho trovato notizie. Gianni scrive con fatica due righe sul libro di vetta mentre raffiche impetuose si accaniscono nello sfogliare le pagine.
Lasciamo il Bric Resonau e risaliamo verso il Bric Damè tra prati disseminati di massi. Raggiungiamo così il Bric Damè, una cima poco nota che però supera di qualche decina di metri il vicino e più frequentato Monte Rama (Bric Damè 1193, Monte Rama 1148). Anche se la temperatura è di qualche grado sopra lo zero il vento che soffia con rabbia impedisce al sole di scaldare. Scendiamo verso Vara e, tra i primi alberi del bosco, ci fermiamo pochi minuti a mangiare un boccone prima di riprendere il cammino.
Mentre le campane suonano le due del pomeriggio, concludiamo a Vara la nostra gita. Ancora una riflessione: ogni volta che passo davanti a questa chiesa, dedicata a San Giovanni Gualberto, ricordo Don Principe che è stato parroco di Vara Inferiore per oltre mezzo secolo e che è stato benvoluto e amato da tutti i paesani.
" Oggi 3 gennaio ho saputo con piacere chi è l'autore della croce sul Brtic Resonau. Si chiama Riccardo De Petrini ed è la terza croce di vetta che costruisce e sistema sulle cime. Le altre due sono in Val d'Aosta, una sul Corno Vitello e l'altra sulla Becca Mortens, entrambe nella Valle d'Ayas. Per fare questo ha dovuto superare difficoltà logistiche notevoli, in particolare per la Becca Mortens che richiede tra l'altro il superamento di un tratto di cresta aerea. Ha costruito la croce del Bric Resonau a prova del tempo in modo che rimanga intatta per molti anni ed è questo l'augurio che gli facciamo ringraziandolo "
8 agosto 2012 - CIMA DEL POZZO, ROCCA VACCARIA, M. REIXA da Vara Inferiore
Gianni, Franca
Siamo partiti da Vara Inferiore (ore 8,10) con l'intenzione di percorrere la vecchia mulattiera che dalla località Dano porta, o per meglio dire portava, al riparo di Cima del Pozzo. E' un riparo che per noi ha un significato particolare perchè era stato voluto da alcuni valligiani che desideravano una Madonnina che proteggesse la loro valle, quella dell'Orba.
Perchè non mettere una targa che ricordi questi uomini? Ci è stato chiesto dal figlio di uno di loro, e allora ci siamo detti: andiamo a vedere in che condizioni è il sentiero che parte da Vara, quello più diretto e veloce, quello che tanti anni fa era addirittura percorso dal trattore che portava su i materiali.
Il tempo è splendido: tanto sole e tanto caldo.
Fino al "fiume di pietra" tutto ok. Abbiamo seguito inizialmente il rombo giallo che da Vara sale al Monte Rama e, un pò sopra la località Dano, l'abbiamo abbandonato per svoltare a sinistra. Ora però la traccia si perde tra la vegetazione cresciuta in maniera rigogliosa.
Fatichiamo a salire tra l'intrico dei rami e, un po' a naso, un po' girovagando tra le radure, ci ritroviamo a sbucare sul crinale proprio di fronte al riparo di Cima del Pozzo (ore 10,10).
Facciamo una piccola sosta e dedichiamo un pensiero e una preghiera a quegli uomini che tanto si erano dati da fare per realizzarlo. Poi proseguiamo sull'Alta Via dove un leggero venticello mitiga il caldo.
Arriviamo sotto il Rifugio Argentea a Cima Pian di Lerca, saliamo sulla Rocca Vaccaria e, a cavallo tra i monti e il mare, seguiamo il crinale fino al Monte Reixa. Genova e il porto sono ai nostri piedi.
La visibilità è buona solo alle medie distanze, più lontano c'è foschia.
Il Passo del Faiallo è vicino. Ne approfittiamo per fare una visita alla "La nuvola sul mare", restaurato di recente dai nuovi proprietari: un albergo-ristorante bello e accogliente.
Per mangiare il nostro panino ci sistemiamo nell'area pic-nic, all'ombra dei grossi faggi che sorgono al limite della radura. Intorno a noi qualcuno fa il fuoco nei barbecue e cuoce carne e salsiccia.
Alle 13,15 lasciamo la comoda panca, attraversiamo la provinciale e seguiamo il cerchio e le due croci gialle che portano verso Vara Superiore. Qui inizia la lunga camminata, ora nel bosco ora nelle radure, resa più faticosa per il gran caldo.
Quando arrivo alla Cappella della Colla dei Cianetti sopra Vara Superiore tiro un sospiro di sollievo. La casa si avvicina: Vassuria, Mondamito, la cascina Mrizu e, più sotto, quella di Brescia.
Finalmente, alle 15.25, siamo di ritorno a Vara Inferiore chiudendo così un larghissimo anello in Alta Valle d'Orba.
30 dicembre 2010 - BRIC DAME' da Vara Inferiore
Gianni, Franca, Stefano
Tre giorni fa eravamo saliti sull'Alta Via e squarci di sereno ci avevano regalato un panorama incantato (vedi Rifugio Argentea 27 dicembre 2010).
Oggi però il cielo è coperto e in quota c'è nebbia. La neve si è mantenuta abbastanza anche se in molti punti è crostosa e i pini sul crinale sono ancora carichi di galaverna.
Partiti da Vara alle 8,50 siamo saliti velocemente lungo il rombo giallo fino al Piano del Bric Damè. Svoltando a destra abbiamo raggiunto la cima del Bric Damè (ore 11), siamo scesi alle praterie dove d'estate pascolano le mucche e siamo risaliti tra i pini ai piedi del Bric Resonau. Tutto tra la nebbia, senza vedere quasi nulla: "navigatore" Stefano. Al Piano del Bric Damè abbiamo riguadagnato il sentiero percorso in salita e siamo scesi velocemente a Vara (ore 13,30).
22
maggio 2010 - M. RAMA da Vara Inferiore
Chiara e Stefano
Partenza
alle 8.30 da Vara. Giornata bella e calda. Tranquilla salita passando
per il Dano e per il Prato Resunnou. Alle 11.20 siamo giunti in vetta.
Piacevole incontro è stato quello con un escursionista che
ci ha raccontato della gita al Beigua da Varazze che la moglie ha
fatto due giorni fa insieme ad un gruppo che... Il mondo è
proprio piccolo visto che il gruppo era quello "del giovedì",
principale protagonista delle escursioni di questo sito. Alle 12 abbiamo
intrapreso la via del ritorno e alle 14.15 siamo arrivati a Vara.
27
febbraio 2010 - BRIC DAME’ dal Passo del Faiallo
Stefano
Partenza
alle 8.15 al passo del Faiallo.
Tempo bello e temperatura abbondantemente sopra lo zero.
Ciononostante, neve durissima grazie alla notte di cielo stellato.
Al Faiallo la neve è ancora abbondante, nonostante l’ondata
di caldo di questi ultimi giorni.
Sono partito con le ciaspole appese allo zaino.
Veloce salita al Reixa e alla Rocca Vaccaria.
Poi mi sono spostato sulle praterie a nord dello spartiacque, dove
la neve era abbondante ed uniforme e dove si camminava senza fatica.
Ho riguadagnato il crinale alla Cima del Pozzo.
Nella salita verso il prato Resunnou ho infilato le ciaspole perché
la neve incominciava a mollare.
Arrivato al prato, invece di scendere a sinistra nella pineta, ho
proseguito dritto fino alla cima del Bric Damè che ho raggiunto
alle 10.
Discesa nel versante opposto su immense distese innevate fino a raggiungere
gli ampi pianori a nord-est di Pratorotondo.
Dietrofront e salita attraverso la pineta fino al prato Resunnou.
Intanto il cielo cominciava a velarsi.
Per fortuna niente nebbia nonostante l’insorgere del vento di
mare.
Al ritorno, anziché passare per la vetta del Reixa, sono sceso
fino a raggiungere la strada della Bucastrella nel suo tratto terminale.
Passando per casa Tassara, sono tornato in breve al Faiallo (ore 12.15)
dopo 4 ore esatte di cammino sostenuto.
5
settembre 2009 - M. RAMA da Vara
Gianni e Franca
Doveva
essere una camminata a passo di corsa (per Gianni) e a passo di marcia
per me. Scarpe e abbigliamento erano di conseguenza. Un vento da Nord
freddo e fortissimo ci ha colto quando abbiamo raggiunto l'Alta Via
e ci ha accompagnato lungo il crinale che porta in vetta. Qui, per
sfuggire al freddo (sarebbe bastata una k-way), siamo scesi lungo
il ripidissimo sentiero che porta verso Casa Carbunin per poi risalire
nei pressi del Bric Resunnou. Decisione non azzeccata perchè
il vento ci ha seguiti lungo la discesa sul versante mare nel tratto
più difficile. Ne abbiamo tratto un insegnamento: un minimo
di abbigliamento in più oltre a quello che si indossa è
d'obbligo quando si va per monti.
Agosto
1987 - M. RAMA da Piampaludo e discesa a Vara
Gianni
Stefano
Itinerario
nuovo e molto bello. Tempo incerto e dal Rama in poi solo acqua. Ci
siamo davvero bagnati da capo a piedi. Abbiamo trovato un fungo.
18
aprile 1987 - M. RAMA da Vara
Gianni
Stefano Franca
Abbiamo
seguito i nuovi segni. Tempo discreto, poi nebbia e vento.
Agosto
1986 - M. RAMA da Vara
Gianni
Stefano Franca Gemmi
A
metà gita Stefano non stava bene e il ritorno l'ha fatto con
la febbre. Eravamo appena arrivati a Vara e già il primo giorno
si è ammalato. Per fare buon peso ha fatto la gita con il braccio
ingessato per l'incidente alla mano con la bicicletta.
Maggio
1985 . M. RAMA da Vara
Gianni
Stefano Franca
Dal
primo al 5 maggio siamo stati Vara e tra corsa e marcia c'è
uscita anche la gita al Rama. Abbiamo impiegato 2 ore e tre quarti
da Vara. Il tempo è stato bellissmo e la visibilità
su tutto l'arco alpino.